TERTULLIANO

Tertulliano è un convertito che vive a Cartagine e che svolge la sua attività nell’arco di una ventina d’anni, tra il 197 e il 220. La sua cultura è solida: si muove con grande padronanza all’interno della letteratura classica, conosce bene il greco, la filosofia e al servizio dell’argomentare teologico pone persino la sua competenza giuridica. Personalità libera e anticonformista, opera come scrittore laico indipendente, critico e contestatore, ponendo al servizio della fede i suoi talenti e nel modo che egli ritiene migliore. Intraprende un serio processo di revisione critica della cultura del tempo, passa al vaglio il pensiero filosofico, avendo come griglia di lettura la fede cristiana, assunta come valore essenziale e centralizzante della vita dell’uomo, valorizza nel modo più sostanziale e qualificante la cultura e fa di essa lo strumento eccellente e insostituibile nella difesa della fede e nella riflessione teologica. Esordisce collocandosi nella linea di riflessione dei padri apologisti greci, polemizzando contro le insufficienti e contraddittorie concezioni di Dio del paganesimo ufficiale –sia esso di matrice filosofica come popolare-; egli propone la fede cristiana, fondata sulla concezione di un Dio che è spirito perfetto, Signore dell’universo, sommo Bene, la cui esistenza l’uomo arriva a intuire con la sua stessa ragione, avendo come “prova” l’esistenza stessa del mondo (“prova cosmologica”) e l’attestazione interiore dell’anima (“prova psicologica”). Sempre sulla linea degli apologisti, distingue tra conoscenza naturale di Dio e conoscenza di fede. Contro la gnosi di Marcione e dei Valentiniani, difende l’incarnazione e il suo valore soterico; contro la dottrina di Ermogene, difende la creazione divina; contro il monarchianesimo patripassiano, difende il dogma trinitario. All’interno di un contesto di lotta per la difesa, Tertulliano viene a illustrare il dogma cristiano e a maturarne la prima elaborazione razionale; a lui va inoltre il grande merito di creare un linguaggio teologico, coniando termini che resteranno per sempre nella speculazione latina su Dio (“trinitas” e “sacramentum”, per citare i più importanti). Sebbene il suo pensiero muova dalla teologia asiatica –e di Ireneo in modo particolare-, la sua riflessione e le sue intuizioni segnano importanti progressi, tanto che si può ben riconoscere lui come il pioniere e il fondatore della teologia occidentale.

Quattro sono gli aspetti del messaggio cristiano che l’autore approfondisce in modo sistematico:

  1. la dottrina trinitaria
  2. la dottrina sullo Spirito Santo
  3. la cristologia e la soteriologia
  4. l’ecclesiologia

 

Per quanto riguarda il primo aspetto, Tertulliano si impegna a fondo per una reinterpretazione filosofica della formula della “traditio fidei”. Affronta il problema della distinzione della tre persone e dell’intima relazione che le unisce in modo inseparabile. Proprio qui arricchisce il vocabolario latino di nuovi termini:

  • “substantia”, intesa come la natura di Dio, che è unica e indivisibile
  • “gradus”, “formae” e “species”, che esprimono le persone indivisibili che da essa procedono unite e distinte secondo la loro relazione d’origine, con aspetti e proprietà differenti
  • “persona”, termine poi preferito ai precedenti, indicante le persone indivisibili, distinte e sussistenti nella sostanza eterna di Dio

Per Tertulliano il Verbo è distinto dal Padre, ma è della sua stessa natura e sostanza. La Trinità è unità, da intendersi come effusione dell’unica fonte originaria del Padre in una pluralità divina, organicamente strutturata, ove le missioni divine si perpetuano, restando però indivise in quanto alla sostanza e alla natura. Una è la divinità della Trinità, perché la potenza del Padre conserva nel Figlio e nello Spirito la sua “forma monarchica”, cioè effondendosi in loro, ma riconducendoli sempre a sé; all’interno della Trinità infatti, secondo il pensiero di Tertulliano, il distribuirsi della sostanza in varie forme, specie e gradi non tocca mai il fondo dell’essere, che resta sempre indiviso in se stesso. E’ poi proprio all’interno di questo “distribuirsi divino” che trova origine l’economia salvifica: nelle manifestazioni storiche delle “processioni divine”, nelle azioni gerarchizzate che mirano ad affermare la signoria di Dio e la salvezza dell’uomo, l’unità delle tre Persone resta immutata, cioè restano indivisi nella sostanza.

 

In stretto collegamento con la precedente, la speculazione sullo Spirito Santo viene da Tertulliano approfondita in modo esplicito. Fino al 200 circa, infatti, i Testi Sacri, la catechesi, la liturgia battesimale, la “regula fidei” avevano accostato lo Spirito Santo –considerato pure Dio- al Padre e al Figlio, vedendolo come il datore dei doni, l’ispiratore dei profeti, il garante dell’unità tra Antico Testamento e Nuovo Testamento, ma nessuno aveva ancora approfondito in quale relazione precisa stesse col Padre e il Figlio. Tertulliano opera il passaggio che permette di considerare lo Spirito Santo non come “potenza divina”, ma come Persona divina, distinta dal Padre e dal Figlio: Dio dalla stessa sostanza del Padre, un solo Dio con il Padre e il Figlio, procedente dal Padre per il Figlio, santificatore di coloro che credono, a cui possono essere applicate le stesse designazioni utilizzate per il Figlio: derivazione, forma, grado, persona.

La riflessione teologica non raggiunge ancora la pienezza del dogma trinitario, tuttavia è evidente il notevole salto di qualità, grazie anche al nuovo linguaggio, coniato da Tertulliano stesso, che affonda le sue radici nella Sacra Scrittura, ma si arricchisce delle forme di discussione, delle dimostrazioni logiche e delle definizioni concettuali che sono proprie del vocabolario razionale filosofico.

 

Per quanto riguarda la cristologia, nelle opere apologetiche l’autore afferma che Cristo è il Verbo, generato dal Padre, usando anch’egli la ormai diffusa immagine del raggio di sole. Nell’opera “Contro Prassea” invece approfondisce la processione del Verbo dal Padre, secondo le tre fasi della creazione: cogitatio-dispositivo-perfectio. Schematizzando:

  1. il Verbo è insito nel Padre dall’eternità, ma da lui distinto
  2. nell’atto della creazione si manifesta come “Sapienza del Padre”, assiste alla creazione, ha potere di disporre ogni cosa e, con “nascita perfetta”, diviene “Figlio” (da qui la visione subordinazionista: mentre il Padre possiede la pienezza della sostanza, il Figlio ne deriva e ne partecipa).
  3. creando, il Padre già pensa all’incarnazione: plasmando il fango per formare l’uomo, il Padre pensa a Cristo, il Figlio che diventerà uomo
  4. nell’incarnazione il Verbo “assume” o “riveste” la carne, ma non si tramuta in essa. Rifiutando l’idea di una unione nella quale le sostanze si confondono, accetta invece quella in cui le proprietà delle sostanze si conservano inalterate. Contro Prassea, Tertulliano afferma che il Figlio è “persona”, con volontà propria di accettazione e obbedienza alla volontà del Padre; contro Marcione, distingue in Cristo le due sostanze, divina (che opera i miracoli ed è immortale) e umana (che è debole, soffre e muore). Alla natura umana, però, attribuisce santità unica e purezza da ogni peccato. L’incarnazione di Cristo ha per questo autore reale efficacia salvifica per tutta la sua estensione, sebbene raggiunga il suo apice nel momento della passione-morte-risurrezione-ascensione; la valenza esoterica è molteplice:
  5. integra e perfeziona la creazione dell’uomo a immagine di Cristo
  6. manifesta visibilmente Dio, Padre invisibile, nelle opere e nella dottrina di Cristo, visibile
  7. libera l’uomo dal peccato e dalla morte
  8. giustifica l’uomo, riconducendolo alla giustizia di Cristo
  9. restituisce all’uomo la santità originaria
  10. è fondamento della risurrezione

 

Per quanto riguarda l’ecclesiologia, nell’ “Apologetico” considera la Chiesa come comunità di fede religiosa, avente una forte unità disciplinare e fondamento nella speranza. Nel “Battesimo” viene in luce la concezione trinitaria della Chiesa, cioè la sua scaturigine nella sostanza stessa della Trinità. Sviluppa questo pensiero anche in altre opere, venendo ad affermare che la comunità cristiana è la concretizzazione e l’attuazione storica delle Tre Persone (vd. “Il Battesimo” 6,2; “La Pudicizia” 21,16-17; “La fuga nella persecuzione” 14,1; “L’esortazione alla castità” 7,3): la Chiesa è per lui, infatti, comunità divina, costituita dalle membra di Cristo e identificata con Cristo stesso (vd. “La Penitenza” 10,6). Scaturita dal costato di Cristo trafitto, nel sonno della morte, è la vera madre dei viventi. Essa è fin dal principio “una”, istruita nella verità dallo Spirito Santo.

 

Quello della ecclesiologia è il tema che maggiormente subisce un mutamento nel passaggio di Tertulliano dal “cattolicesimo” al montanismo. Fino a quel momento infatti egli ritiene una e immutabile la “regula fidei” e si attiene fedelmente ai principi ermeneutici della Sacra Scrittura enunciati nell’opera “Prescrizione”. Passando al montanismo inizia a seguire l’idea del perfezionarsi della disciplina sotto l’impulso dello Spirito Santo; arriva perciò ad assegnare all’ “uomo pneumatico” la preminenza sulla funzione istituzionale e gerarchica e intendendo in modo molto restrittivo il dato “personaliter Petro”: il potere di sciogliere e legare secondo Tertulliano è cioè affidato al primo degli uomini spirituali, senza che esso debba necessariamente passare alla persona dei suoi successori. Nella Chiesa vive lo spirito del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo: congregata dal Signore, il numero degli eletti è a diritto divino e non, come ogni altro potere, del ministero sacerdotale. E’ perciò la Chiesa-Spirito che rimette i peccati, passando per l’uomo spirituale che può essere l’apostolo, il profeta, ecc, non necessariamente il vescovo o il sacerdote.

Un altro aspetto che subisce evidente evoluzione nel passaggio dall’ortodossia all’eresia è l’intransigenza morale, che si fa sempre più rigida. Se nell’ “Apologetico”, ad esempio, elogia il cristiano che partecipa alla vita militare, più tardi condanna lo stesso cristiano in nome di una assoluta non-violenza; se prima sostiene le seconde nozze in caso di vedovanza, più tardi arriva a gettare discredito sul matrimonio stesso; lo stesso si può dire per l’assoluzione –prima concessa poi negata- per i tre peccati pubblici di apostasia, adulterio e omicidio. Agostino però ci informa che Tertulliano arriva a lasciare anche il montanismo per fondare un gruppo tutto suo: egli finisce i suoi giorni come “profeta” isolato, rinchiuso nelle sue ormai impossibili esigenze.

 

Come scrivono però Simonetti e Prinzivalli:

Va rilevata l’ampiezza del ventaglio delle sue competenze e degli ambiti in cui si è esercitata la sua attività letteraria: in questo senso l’opera di Tertulliano ha rappresentato un punto di riferimento per i successivi dottori cristiani di lingua latina per un paio di secoli e oltre. Si spiega perciò agevolmente perché in occidente i posteri non abbiano fatto gran conto  né del suo distacco dalla chiesa cattolica né delle sue pittoresche intemperanze e abbiano sempre continuato a leggerlo e trascriverlo”: