Epoca costantiniana

Statua di Costantino - Milano -

Prima di iniziare a conoscere alcuni Padri della Chiesa  è essenziale fermarci a fare alcune considerazioni storiche perché Costantino e l’Editto di Milano del 313 da una parte e il Concilio di Nicea del 325 e l’editto di Tessalonica del 380 dall’altra segnano veramente uno spartiacque nella storia del cristianesimo.

Partiamo proprio con alcune considerazioni sul Concilio di Nicea, il primo a essere definito “ecumenico”: il termine si rifà al greco oikoumene, cioè terra abitata. Vi partecipano infatti circa 200 vescovi, provenienti appunto da tutte le terre abitate. Questo ci permette di avere un quadro tutto sommato preciso della diffusione geografica del cristianesimo. Esso coinvolgeva naturalmente tutti i territori imperiali, oltrepassandoli: comunità cristiane infatti erano presenti in India, nella penisola dell’Arabia, nelle Isole Britanniche, in Irlanda, in Egitto, nella Penisola Iberica, nella zona di Cartagine, nell’Ilaria, in Mesopotamia, in Persia, in Macedonia, nelle province danubiane, nelle Gallie, nel regno di Axum (odierna Etiopia), in Georgia, in Armenia, nei territori dei Goti, oltre naturalmente all’Italia. Tutte queste terre erano rappresentate al Concilio, sebbene naturalmente in proporzioni differenti. 

La Chiesa non solo è presente, ma inizia anche a strutturarsi in maniera complessa. Le singole comunità locali infatti si radunano attorno al vescovo, il quale ha la facoltà di introdurre nella Chiesa nuovi fedeli mediante l’iniziazione cristiana; egli si circonda però anche di collaboratori, quali i presbiteri, i diaconi, gli accoliti, i lettori gli esorcisti, ecc; ha anche l’autorità necessaria per far nascere nuove comunità, nominando vescovi che le presiedano. E’ di questo tempo infatti la nascita delle metropoli (o province ecclesiastiche), a capo delle quali c’è il vescovo della Chiesa-madre (arci-vescovo); il criterio per cui una Chiesa è metropolitana non è dunque legato a motivazioni di supremazia economica e/o politica, quanto l’essere stata all’origine del dono della fede per dei territori. 

Sempre in questo tempo poi vengono poi individuate le Chiese patriarcali: esse sono quelle in cui ha operato l’apostolo Pietro, cioè Gerusalemme, Antiochia e Roma. Subito vi si aggiunge Alessandria per via di Marco, collaboratore di Pietro. In realtà, nel 381, le cose già si complicano, perché Gerusalemme è in grandissima decadenza e assume importanza Costantinopoli, che viene qualificata Chiesa patriarcale per motivi sostanzialmente politici e non evangelico-missionari; si legge infatti nel Canone III del Concilium Costantinopolitanum I : “Il vescovo di Costantinopoli avrà il primato d’onore dopo il vescovo di Roma perché tale città è la nuova Roma” (Conciliorum oecumenicorum decreta, EDB, 1991, pp. 31-32). Naturalmente Costantinopoli non poteva essere la nuova Roma, perché sorta nel 325, perché non aveva nulla a che fare con il martirio di Pietro e di Paolo e perché non aveva legame alcuno con la comunità romana.

D’altro canto la stessa convocazione del Concilio non nasceva dal desiderio della Chiesa di risolvere insieme la questione ariana; essa era invece opera dell’imperatore Costantino, che vedeva come minaccia per l’unità politica dell’Impero tali tensioni  ecclesiali. Con questo gesto perciò Costantino non solo conferma alla Chiesa la libertà di esprimere la propria fede (cosa fatta con l’Editto di Milano), ma le domanda implicitamente di diventare il fondamento religioso dell’Impero, in modo da garantirne l’unità.

Per meglio comprendere, è necessario spendere alcune parole di presentazione di Costantino e del suo operato. 

  1. Costanzo Cloro è Augusto di Occidente; ha una politica di tolleranza nei confronti dei cristiani
  2. Galerio, Augusto di Oriente, ispiratore e protagonista della grande persecuzione contro i cristiani messa in atto da Diocleziano, sequestra Costantino, figlio di Costanzo Cloro, e lo porta alla sua corte
  3. alla corte di Galerio, Costantino può rendersi conto quanto feroce sia la persecuzione anticristiana, ma anche quanto inutile: la Chiesa infatti si presenta sempre più come forza non solo morale, ma anche sociale
  4. Costantino riesce a fuggire e raggiunge il padre in Britannia, ove è impegnato con l’esercito su quel fronte
  5. alla morte del padre, le legioni proclamano Costantino Augusto
  6. Galerio lo riconosce solo come Cesare e nomina Massenzio (imperatore romano autoproclamato, figlio dell’imperatore Massimiano, co-regnante con Diocleziano, riconosciuto imperatore dal Senato romano ma non dagli Augusti Galerio e Severo; regna dal 306 al 312) Augusto d’Occidente
  7. Costantino discende velocemente verso Roma e affronta Massenzio alle porte della città, presso il Ponte Milvio. E’ il 312.

 

Ponte Milvio

Nella “Storia Ecclesiastica” Eusebio, che narra la vicenda, scrive che prima della battaglia Costantino si affida al Dio dei cristiani, mentre Massenzio agli dei pagani: ne risulta perciò una vittoria del cristianesimo sul paganesimo. 

Eusebio fa un secondo racconto dell’episodio nella sua opera “Vita di Costantino”, riempiendo però il fatto di un ché di “prodigioso”.

Vi è un accostamento-sovrapposizione tra il sole e la croce. In realtà le fonti pagane testimoniano come già precedentemente Costantino si fosse allontanato dalla ideologia religiosa tetrarchia di Diocleziano (due Augusti e due Cesari) e si fosse avvicinato al culto del dio sole. Costantino adotta questo simbolo ed è una mossa politica di grande abilità (suggeritagli peraltro dai suoi consiglieri di corte, tra cui lo stesso Eusebio), perché in esso vi possono ritrovarsi sia i gruppi religiosi orientali sia i cristiani. Il secondo simbolo che Costantino adotta è la croce, che non è affatto un rimando ai cristiani: essi non lo esibivano infatti come segno indennitario (unica raffigurazione in Roma era una croce con una testa d’asino, opera non dei cristiani ma di un gruppo di loro denigratori). La croce era in realtà un secondo simbolo solare, precedente al cristianesimo. Esso indicava la sintesi tra il cielo e la terra, le quattro stagioni, i quattro punti cardinali, ecc: era perciò fortemente identificativo per le popolazioni orientali.

Accanto a questo, altri avvenimenti storici:

  1. Elena, madre di Costantino, ritrova una reliquia della croce
  2. nell’Impero viene abolita la crocifissione come pena capitale
  3. i teologi cristiani recuperano la croce in senso positivo, quale “vittoria” (in differenziale con le vittorie militari)

Si diffonde perciò il costume di utilizzare la croce come pendaglio o monile, presto identificativo dei cristiani.

Costantino adotta entrambi i simboli: il sole è sulle monete, mentre la croce sugli stendardi, sullo scettro, sulle armi dei soldati, sull’elmo di Costantino e persino su una statua dell’imperatore nel Foro romano.

E’ evidente il duplice rischio:

  1. assimilazione del cristianesimo a una religione generica, di stampo paganeggiante
  2. cristianesimo come copertura di una potenza umana (l’Impero)

progetto di Costantino è la riunificazione dell’Impero, deve però fare i conti con l’avversario Licinio, Augusto d’Oriente, il quale trova sostegno e appoggio nella parte pagana della società. Con lui stringe un (momentaneo) patto di non-belligeranza e redige uno scritto che possa essere ben gradito sia ai cristiani sia ai pagani: è l’Editto di Milano del 313., che è sostanzialmente una affermazione della libertà religiosa, a patto che essa non risulti di danno all’Impero.

Le posizioni politiche e religiose dei due Augusti permangono però molto diverse; i contrasti si acuiscono e si giunge allo scontro: a Tessalonica, nel 324, Costantino vince e Licinio muore.

Nel 325 Costantino fonda la nuova capitale dell’Impero - appunto Costantinopoli, la “nuova Roma”, capitale cristiana contrapposta a quella pagana -; ivi fa costruire sontuose Chiese, tra cui quella dei Dodici Apostoli con un tredicesimo posto riservato alla sua sepoltura. 

Lì vicino, a Nicea, convoca il Concilio, riservando per sé il ruolo di presidenza. 

Indubbiamente la Chiesa si prepara ad affrontare la dolorosa questione ariana, ma il fatto che sia Costantino a promuovere e presiedere il Concilio rende evidente che la Chiesa, ormai libera da dodici anni, è pronta a sostenere l’Impero. E’ l’inizio di una nuova sintesi politico-religiosa: l’Impero cristiano. 

In tale Impero il rimando veterotestamentario è chiaro: la sovrintendenza dell’Imperatore era sia civile sia religiosa, al punto tale di attribuirsi potere giurisdizionale anche sulla Chiesa… e persino autorità di magistero (al concilio era intervenuto contro Ario, in un contesto di dibattito teologico).

Il progetto costantiniano viene poi portato a termine da Teodosio, nel 380; per la piena appartenenza alla società romana infatti diventa necessaria la professione della religione cristiana, mentre sanzioni divine e umane sono minacciate agli eterodossi. In questo Impero però non si può non rilevare una sorta di riduzione del trascendente all’immanente, sebbene mascherato sotto il titolo di “società cristiana” o di “cristianità”. 

Ciò che appare universale però forse non è poi tale: se nominalmente infatti l’Impero si dichiara cristiano, di fatto i cristiani sono il 10% della popolazione. Le aree di maggior persistenza della religione pagana sono l’aristocrazia e le zone rurali.

Inoltre la svolta costantiniana - che a Costantino è stata suggerita dai suoi “teologi di corte”, tra cui Eusebio - non è universalmente condivisa. Questo spiega la nascita del monachesimo e la diffusione del culto dei martiri. Il fatto di aver fatto diventare il cristianesimo religione dell’Impero ha infatti dei risvolti non trascurabili sulla modalità di vivere la fede evangelica: non ci si può infatti non domandare quanti diventano cristiani per autentica convinzione e quanti invece perché passaporto per le cariche civili, le professioni pubbliche, ecc. 

Si assiste poi a un altro processo prevedibile, ma non per questo meno degenerato. C’è un cambio di potere: ora è il cristianesimo a dominare, ma purtroppo viene ad assumere gli stessi atteggiamenti e comportamenti che i pagani gli avevano riservato al suo nascere. Da qui l’intolleranza contro i pagani, i giudei e i dissidenti interni (presenti purtroppo anche negli scritti dei Padri e anche nei loro comportamenti, come vedremo a tempo debito).

Saverio Xeres fa una riflessione molto provocatoria, che vale la pena raccogliere, perché vale per ogni luogo e tempo. Così dice:

 

E’ possibile parlare di missione - se con ciò si intende la testimonianza di Cristo e la condivisione della propria fede liberamente accolta e gioiosamente condivisa - in un sistema nel quale, da un lato, essere cristiani costituisce una convenienza sociale, dato l’orientamento in tal senso delle strutture governative, dall’altro non esserlo costituisce un reato che viene perseguito dal potere politico? Senza libertà non c’è fede, dunque non c’è missione. Ma se non c’è missione, c’è ancora Chiesa? ” (Chiaro di luna, Ed. Ancora, p. 89)

Lapide in S. Giorgio al Palazzo - Milano -

EDITTO DI MILANO - 313 -

 

Cum feliciter tam ego [quam] Constantinus Augustus quam etiam ego Licinius Augustus apud Mediolanum convenissemus atque universa quae ad commoda et securitatem publicam pertinerent, in tractatu haberemus, haec inter cetera quae videbamus pluribus hominibus profutura, vel in primis ordinanda esse credidimus, quibus divinitatis reverentia continebatur, ut daremus et Christianis et omnibus liberam potestatem sequendi religionem quam quisque voluisset, quod quicquid est divinitatis in sede caelesti. Nobis atque omnibus qui sub potestate nostra sunt constituti, placatum ac propitium possit existere. Itaque hoc consilium salubri ac reticissima ratione ineundum esse credidimus, ut nulli omnino facultatem abnegendam putaremus, qui vel observationi Christianorum vel ei religioni mentem suam dederet quam ipse sibi aptissimam esse sentiret, ut possit nobis summa divinitas, cuius religioni liberis mentibus obsequimur, in omnibus solitum favorem suum benivolentiamque praestare. Quare scire dicationem tuam convenit placuisse nobis, ut amotis omnibus omnino condicionibus quae prius scriptis ad officium tuum datis super Christianorum nomine continebantur, et quae prorsus sinistra et a nostra clementia aliena esse videbantur, ea removeantur. Et nunc libere ac simpliciter unusquisque eorum, qui eandem observandae religionis Christianorum gerunt voluntatem. Citra ullam inquietudinem ac molestiam sui id ipsum observare contendant.

Quae sollicitudini tuae plenissime significanda esse credidimus, quo scires 

nos liberam atque absolutam colendae religionis suae facultatem isdem Christianis dedisse.

Quod cum isdem a nobis indultum esse pervideas, intellegit dicatio tua etiam aliis religionis suae vel observantiae potestatem similiter apertam et liberam pro quiete temporis nostri esse concessam, ut in colendo quod quisque delegerit, habeat liberam facultatem. Quod a nobis factum est. Ut neque cuiquam honori neque cuiquam religioni detractum aliquid a nobis videatur. Atque hoc insuper in persona Christianorum statuendum esse censuimus, quod, si eadem loca, ad quae antea convenire consuerant, de quibus etiam datis ad officium tuum litteris certa ante hac forma fuerat comprehensa. Priore tempore aliqui vel a fisco nostro vel ab alio quocumque videntur esse mercati, eadem Christianis sine pecunia et sine ulla pretii petitione, postposita omni frustratione atque ambiguitate restituant; qui etiam dono fuerunt consecuti, eadem similiter isdem Christianis quantocius reddant, etiam vel hi qui emerunt vel qui dono fuerunt consecuti, si petiverint de nostra benivolentia aliquid, vicarium postulent, quo et ipsis per nostram clementiam consulatur. Quae omnia corpori Christianorum protinus per intercessionem tuam ac sine mora tradi oportebit.

Et quoniam idem Christiani non [in] ea loca tantum ad quae convenire consuerunt, sed alia etiam habuisse noscuntur ad ius corporis eorum id est ecclesiarum, non hominum singulorum, pertinentia, ea omnia lege quam superius comprehendimus, citra ullam prorsus ambiguitatem vel controversiam isdem Christianis id est corpori et conventiculis eorum reddi iubebis, supra dicta scilicet ratione servata, ut ii qui eadem sine pretio sicut diximus restituant, indemnitatem de nostra benivolentia sperent.

In quibus omnibus supra dicto corpori Christianorum intercessionem tuam efficacissimam exhibere debebis, ut praeceptum nostrum quantocius 

compleatur, quo etiam in hoc per clementiam nostram quieti publicae consulatur. Hactenus fiet, ut, sicut superius comprehensum est, divinus iuxta nos favor, quem in tantis sumus rebus experti, per omne tempus prospere successibus nostris cum beatitudine publica perseveret.

Ut autem huius sanctionis et benivolentiae nostrae forma ad omnium possit pervenire notitiam, prolata programmate tuo haec scripta et ubique proponere et ad omnium scientiam te perferre conveniet, ut huius nostrae benivolentiae [nostrae] sanctio latere non possit.

 

(Lattanzio, De mortibus persecutorum, XLVIII)

 

Dopo che noi, Costantino Augusto e Licinio Augusto, siamo felicemente arrivati a Milano e abbiamo passato in rassegna tutto quanto riguardava il  benessere e la sicurezza pubblica, tra le altre questioni che vedevamo giovare alla grande maggioranza, abbiamo ritenuto in primo luogo e sopra ogni altra cosa che dovesse essere sottoposto ad ordinamento il culto della divinità, così da dare sia ai Cristiani che a tutti gli altri la libera scelta di abbracciare il culto che ciascuno volesse in modo che qualunque divinità esista sotto la volta del cielo si mostri pacificata nei nostri confronti e in quelli di chi è sottoposto alla nostra autorità. Così con una riflessione salutare e del tutto volta alla giustizia abbiamo ritenuto di dovere esprimere la nostra decisione, che cioè non si debba in alcun modo negare ad alcuno di dedicarsi all’osservanza e al culto dei Cristiani e a quel culto che ciascuno ritenga adatto a se stesso, così che la somma divinità, al cui culto liberamente aderiamo, ci conceda in ogni circostanza il suo consueto appoggio e la sua benevolenza. Perciò è opportuno che la tua autorità venga a conoscenza che questo è ciò che ci è piaciuto, affinché, rimosse del tutto le condizioni che erano state date negli scritti precedenti alla tua autorità per quanto riguardava i Cristiani, si rimuovano anche quei provvedimenti, che sembravano negativi ed estranei alla nostra clemenza. E ora ciascuno di quelli che operano la scelta di osservare la religione dei Cristiani aspirino ad osservarla in libertà e semplicità, senza preoccupazione o molestia alcuna. Abbiamo ritenuto di dovere chiarire pienamente queste cose alla tua autorità, affinché  tu sappia che abbiamo concesso ai Cristiani la facoltà libera e assoluta di  praticare la loro religione. Capendo pienamente che questo è stato loro concesso in modo totale, la tua autorità capisce  che anche agli altri è stata concessa alla stesso modo la facoltà libera e assoluta di praticare la loro religione in favore di una generale pacificazione dei nostri tempi, in modo che ciascuno abbia la libera facoltà nell’osservanza della religione scelta. Questo è stato fatto da noi perché non sembri  che a qualche religione o culto sia stato sottratto qualcosa. E abbiamo stabilito anche questo nei confronti della comunità dei Cristiani, che, se gli stessi luoghi dove erano soliti prima radunarsi, sui quali precedentemente era stata data un’altra disposizione in lettere inviate alla tua attenzione, risultassero comperati dal nostro fisco o da altri in un tempo precedente, siano restituiti ai Cristiani senza denaro e senza richiesta di ricompensa, tralasciato ogni inganno e ambiguità. Coloro che hanno ricevuto in dono questi luoghi, li restituiscano quanto prima agli stessi Cristiani e anche coloro che li hanno comperati o li hanno avuti in dono, se avranno richiesto qualcosa alla nostra benevolenza, ricorrano al  responsabile, affinché anche a loro si provveda per mezzo della nostra generosità. Sarà opportuno che queste proprietà siano immediatamente restituite ai Cristiani attraverso il tuo interessamento, senza alcun indugio. E poiché si sa che i Cristiani non avevano soltanto i luoghi in cui erano soliti  radunarsi, ma altri di pertinenza non dei singoli, ma della comunità ecclesiale, tu comanderai che tutte queste proprietà, secondo le disposizioni di cui sopra, siano restituite senza alcuna ambiguità o controversia agli stessi Cristiani, cioè alla comunità e alle singole chiese, mantenendo quanto sopra abbiamo stabilito, che cioè coloro che restituiscano gli stessi luoghi senza risarcimento sperino un indennizzo dalla nostra generosità. In tutte queste cose dovrai mostrare per la comunità sopraddetta dei Cristiani la tua più efficace capacità di intervento, affinché si attui la nostra disposizione nel tempo più rapido possibile, così che anche in questo si provveda alla pubblica pacificazione attraverso la nostra clemenza. Così avverrà che, come abbiamo fatto intendere sopra, si prolunghi per sempre la  benevolenza divina nei nostri confronti, di cui noi già in molte occasioni abbiamo fatto esperienza. Affinché dunque le modalità di questo editto e della nostra generosità divengano pubbliche, converrà che quanto da noi è stato scritto , attraverso un tuo rescritto, sia  reso noto e fatto conoscere a tutti, affinché questa disposizione frutto della nostra generosità non venga ignorata da nessuno.

 
 
 
Fori Imperiali di Milano
Teodosio

EDITTO DI TESSALONICA, 27 febbraio 380

 

IMPPP. GR(ATI)IANUS, VAL(ENTINI)ANUS ET THE(O)D(OSIUS) AAA. EDICTUM AD POPULUM VRB(IS) CONSTANTINOP(OLITANAE).

Cunctos populos, quos clementiae nostrae regit temperamentum, in tali volumus religione versari, quam divinum Petrum apostolum tradidisse Romanis religio usque ad nuc ab ipso insinuata declarat quamque pontificem Damasum sequi claret et Petrum Aleksandriae episcopum virum apostolicae sanctitatis, hoc est, ut secundum apostolicam disciplinam evangelicamque doctrinam patris et filii et spiritus sancti unam deitatem sub parili maiestate et sub pia trinitate credamus. Hanc legem sequentes Christianorum catholicorum nomen iubemus amplecti, reliquos vero dementes vesanosque iudicantes haeretici dogmatis infamiam sustinere ‘nec conciliabula eorum ecclesiarum nomen accipere’, divina primum vindicta, post etiam motus nostri, quem ex caelesti arbitro sumpserimus, ultione plectendos.

DAT. III Kal. Mar. THESSAL(ONICAE) GR(ATI)ANO A. V ET THEOD(OSIO) A. I CONSS. 

 

 

Gli imperatori  Graziano, Valentiniano e Teodosio Augusti  ( emanano) questo editto per il popolo della città di Costantinopoli

 

Noi vogliamo che tutti i popoli, che sono retti dalla nostra saggia clemenza,  permangano fedeli proprio a quella religione, che crediamo essere stata trasmessa  all’Apostolo Pietro e che lui stesso fino ad oggi ha trasmesso ai Romani e che Papa Damaso ha continuato e  Pietro Vescovo di Alessandria, uomo di apostolica santità, cioè che dobbiamo credere, secondo l’insegnamento degli Apostoli e la dottrina del Vangelo, nell’unica natura divina di Padre e Figlio e Spirito Santo, la  quale vive della stessa maestà all’interno della amorosa Trinità. Ordiniamo che il nome di Cristiani cattolici appartenga solo a coloro che abbracciano ciò che questo editto afferma, considerando che gli altri, privi del lume della ragione, siano condannati all’infamia di praticare una dottrina eretica e che “ le loro riunioni non possano chiamarsi con il nome di riunioni ecclesiastiche” e che questi debbano essere condannati prima dalla vendetta divina e poi dalla nostra punizione, che abbiamo postulato dal giudizio stesso di Dio. 

 

Dato il terzo giorno prima delle Calende di Marzo ( 28 Febbraio) in Tessalonica , essendo consoli  Graziano Augusto e Teodosio Augusto