S. BASILIO Magno 

Basilio di Cesarea è il primo  dei tre grandi Cappadoci di cui ci occupiamo.

Il luogo in cui ci troviamo è l’Asia Minore, terra cristianizzata nel III secolo.

Nel IV secolo si fa fucina di numerosi partigiani di Ario, fattore comprensibile a partire da una radicalizzazione del pensiero origeniano.

Nella seconda metà sempre del IV secolo saltano alla ribalta Basilio, suo fratello Gregorio di Nissa e l’amico Gregorio di Nazianzio. Con la loro dottrina illuminata essi portano a compimento la riflessione teologica nicena, innanzitutto circa la divinità del Figlio, ma poi anche circa la divinità dello Spirito Santo e circa le relazioni intratrinitarie.

Tutti è tre realizzano l’ideale di un cristianesimo colto, che sa accogliere tutto quanto c’è di valido nell’ellenismo, senza per questo venir meno sfigurare le linee portanti del messaggio cristiano o la sua radicale novità. La sintesi culturale che essi propongono non è teorica, ma frutto della loro personale esperienza: in se stessi infatti hanno percorso questo cammino di formazione, di discernimento e di sintesi.

Nella loro giovinezza infatti hanno inseguito l’insegnamento di celebri retori, sia pagani sia cristiani, assimilando senza alcun complesso la cultura del loro tempo (Basilio e Gregorio diventano amici proprio ad Atene).

Anche da adulto, ormai pastore, resta così convinto dell’importanza di una solida formazione culturale da arrivare a scrivere un’opera al riguardo: “Ai giovani, sul modo di trarre profitto dalle lettere elleniche”; in questo scritto Basilio sostiene che la letteratura profana può essere propedeutica per la scienza sacra. 

A riguardo è forse importante fare una piccola annotazione: anche se l’Impero è ormai cristianizzato, la scuola rimane pagana, perché fondata sullo studio  dei grandi autori classici tradizionali. Basilio è convinto non solo dell’importanza, ma della fondamentale utilità di questi studi, perché li ritiene capaci di impartire un insegnamento tecnicamente adeguato allo studio della Bibbia (che non è per nulla semplice, se lo si vuole fare con serietà); anche al di là della Sacra Scrittura però i poeti, gli storici e i filosofi sanno porgere ai giovani insegnamenti ed esempi di altissime virtù e per questo sono validi educatori.

Per quanto riguarda il suo personale percorso formativo, Basilio nasce a Cesarea in Cappadocia nel 329; suo padre è avvocato e retore, suo nonno era morto martire nella persecuzione messa in atto da Diocleziano. Anche la nonna Macrina, la madre Emilia, la sorella Macrina e i fratelli Gregorio (di Nissa) e Pietro (di Sebaste) sono venerati come santi nella Chiesa. Fanciullo, viene mandato a Neocesarea sul Ponto dalla nonna Macrina, che gli imparate i primi fondamenti di educazione cristiana. Suo primo maestro è il padre; studia poi con dei grammatici a Cesarea; passa poi a Costantinopoli e infine ad Atene, capitale culturale del mondo ellenico. Qui si fa allievo del sofista Imerio.

Nel 355 torna in patria, ove per un breve periodo insegna retorica. Dietro pressante invito della sorella Macrina, dopo poco abbandona l’insegnamento, si prepara a ricevere il battesimo e si dà alla vita monastica. Per questo motivo va a conoscere personalmente gli anacoreti dell’Egitto, della Palestina, della Siria e della Mesopotamia, in modo da rendersi conto del loro stile di vita. In alcuni di questi viaggi è accompagnato dall’amico Gregorio.

Tornato in Cappadocia, sceglie per sé la vita monastica, ma non secondo la forma vista nel deserto, bensì secondo la forma cenobitica. Scrive le prime regole della comunità, che hanno a fondamento la vita in comune, la preghiera, il lavoro e lo studio (in particolare naturalmente la Sacra Scrittura, alla scuola di Filone e di Origene). 

Fonda la cosiddetta “Basiliade”, che è una sorta di cittadella evangelica all’interno della città. Suo perno è la comunità monastica (sebbene Basilio eviti volutamente di utilizzare il termine “monaco”, perché arriva a concepire questo stile di vita non come “separato”, ecclesialmente ed esistenzialmente, da quella del comune cristiano, bensì come come compimento delle promesse battesimali). In tale comunità sono assenti gli “eccessi” che invece caratterizzano la vita degli anacoreti; in compenso sono introdotti appunto regolari ritmi di lavoro e di preghiera. Vi è anche una certa qual autonomia sia riguardo l’obbedienza sia riguardo la povertà. Nella Basiliade inoltre vivono anche cristiani sposati. Intensissima è l’opera caritativa, organizzata in larga scala.

Ciò che ad Annesi accade è che il monachesimo diventa dotto: qui inizia la tradizione umanistica cristiana.

Sintetizzando, possiamo così elencare le caratteristiche del monachesimo brasiliano:

  1. preghiera ininterrotta giorno e notte
  2. studio della Sacra Scrittura
  3. lavoro manuale
  4. grande austerità nel cibo, nel vestito e nel sonno
  5. nessuna rinuncia obbligatoria ai beni personali
  6. nessuna obbedienza conventuale al superiore
  7. nessuna disciplina minuziosa

Basilio scrive dapprima il Piccolo Asceticon”, regole morali che in sostanza sono una raccolta di passi scritturisti, poi il “Grande Asceticon”, che è il codice monastico dell’Oriente bizantino ancora oggi, l’unico (nella tradizione ortodossa infatti si hanno solo monasteri basiliani).

Nel 362 viene ordinato presbitero, nel 365 si stabilisce a Cesarea e qui viene eletto vescovo nel 370.

Nonostante abbia una cattiva salute, è uomo di indefessa azione, determinata ed efficace.

Si impegna nella lotta ariana, come nelle lotte sociali a riguardo del regime dittatoriale, del sistema fiscale e delle ingiustizie.

Si adopera anche per la riconciliazione interna della Chiesa attorno alla fede di Nicea. E’ assai più flessibile di Atanasio riguardo gli esitanti. Cerca anche di relazionarsi con Roma, assai diffidente con tutti gli orientali (fatto salvo Atanasio e i suoi più stretti collaboratori), sospettati tutti di arianesimo.

E’ anche un vero e proprio teologo, non teorico e/o sistematico, ma sotto la pressione della crisi dottrinale del tempo.

Non entra nel dibattito cristologia, perché ormai il Concilio di Nicea si è pronunciato. Si è infatti nella seconda fase della fede nichela, ove si sta elaborando la dottrina circa le “persone divine” e il loro carattere distintivo. 

Si pronuncia contro:

  1. omeismo: sostiene invece che è importante utilizzare solo ed esclusivamente espressioni bibliche, nessun altro termine che non sia presente nella Scrittura
  2. animismo: corrente razionalistica che sostiene che l’intelligenza umana è capace di definire l’essere di Dio, il quale è un Uno assoluto (di conseguenza né il Figlio né lo Spirito Santo sono Dio)

Al contrario, Basilio:

  1. afferma che l’uomo è certamente capace di conoscere Dio
  2. che il linguaggio, anche quello scritturistico, è segnato dal limite
  3. confessa Dio che è contemporaneamente Uno e Trino (si orienta cioè verso le “tre ipostasi” nella “unica sostanza”, ove la “sostanza” è “modo di essere” e non modo di manifestazione e ove le “tre ipostasi” si distinguono tra loro solo per le loro relazioni, che sono di origine, cioè sono perfettamente distinte)

Nel 375 circa scrive un’opera “Sullo Spirito Santo”. che Basilio non definisce esplicitamente Dio per non urtare coloro che, al riguardo, erano ancora incerti; di fatto però l’intero suo discorso è dimostrazione della Sua divinità, in quanto gode di tutte le prerogative e le perfezioni, nonché dell’onore e della gloria. Ariani ed omeusiani infatti non riconoscono la divinità dello Spirito Santo: per evitare ulteriori lacerazioni intraecclesiali Basilio evita il termine “consustanziale” (sarà il Concilio di Costantinopoli del 381 a definire “Dio” lo Spirito Santo), ma insiste sulla sua azione nel progresso spirituale: è lo Spirito Santo che porta l’uomo alla somiglianza divina, alla partecipazione alla vita intratrinitaria, alla deificazione: come può dunque deificare, se egli non è Dio?

Da questo si può ben comprendere come Basilio sia uomo di centro, formatosi in ambienti lontani sia dagli ariani sia dai veteroniceni; è però anche uomo capace di mediazione e soprattutto di sana politica, perché sa bene che dietro i contrasti dottrinali si celano spesso questioni personali, soprattutto per l’ambizione di alcuni vescovi a esaltare la propria sede a discapito delle altre vicine: non sacrifica perciò l’unità della Chiesa sull’altare dei personalismi e dei narcisismi…

Confuta invece in maniera esplicita Eunomio, tramite uno scritto del 364 circa (“Contro Eunomio”). Molto spazio è riservato a contestare il termine “aghennesia” (cioè “essere ingenerato”), qualità distintiva della divinità che Eunomio riferiva esclusivamente al Padre. Basilio sostiene invece che anche il Figlio, pur non partecipandone, è Dio, perché generato dal Padre e partecipe di tutte le sue prerogative.

Di Basilio ci sono pervenute anche delle Omelie, esegetiche, sugli argomenti più vari; sono tutte fortemente connesse alla sua attività pastorale.

Numerose sono anche le Lettere, che affrontano la questione dell’ “homoousios”, emersa a partire dal 362, e come questa potesse essere conciliata con la dottrina delle tre ipostasi. Basilio affronta la questione a livello teorico, in una ricerca teologica che lo impugna per svariati anni.

la conclusione a cui arriva è questa:

  1. ousia indica ciò che di comune vi è nel Padre e nel Figlio, cioè la divinità
  2. ognuno dei due poi si specifica per essere uno Padre e l’altro Figlio (questa è l’ipostasi)

L’unica ousia (cioè sostanza) definisce la divinità comune alle tre ipostasi, che si specificano poi una nei con fronti dell’altra, il Padre per essere padre, il Figlio per essere figlio e lo Spirito Santo per il potere santificante. Per tutto il resto le tre ipostasi sono perfettamente uguali. 

La formula completa che concilia l’homoousios niceno con la dottrina delle tre ipostasi è espressa nelle lettere 214 e 236. Con questa formula Basilio fonda il “neonicenismo”.

 

Sintesi su Basilio:

  1. costituzione debole e malaticcia
  2. tempra di capo: operosità politica, pastorale e letteraria quantomai energica
  3. raffinata formazione classica
  4. totale dedizione allo studio della Sacra Scrittura
  5. sincera aspirazione alla vita monastica
  6. impegno a tempo pieno nella attività pastorale
  7. capacità di tessere relazioni ad alto livello
  8. sensibilità verso i poveri
  9. uomo di azione e di pensiero, capace di esprimere le sue riflessioni utilizzando la retorica fornitagli dalla sua formazione, con però senso del limite
  10. corretta relazione con Melezio, riconosciuto come massimo esponente della gerarchia ecclesiastica d’Oriente: non vi è in Basilio nessuna volontà di prevaricazione, sebbene Basilio fosse la mente teologica del fronte meleziano e l’artefice della sua politica
  11. capacità di recuperare le relazioni. Da una parte infatti gli antiariani sono infatti lacerati al loro interno da disordini ideologici e personali, dall’altra Roma privilegia il contatto con Atanasio e i veteroniceni: Basilio, sa dare consistenza dottrinale e politica al neonicenismo, così da avviare la questione nicena-ariana verso la soluzione definitiva.