S. CIPRIANO

Cecilio Cipriano, nato in una famiglia ricca e maestro di retorica, probabilmente nel 246 si converte al cristianesimo e in breve tempo diventa uomo di Chiesa: nel 248 o 249 infatti viene eletto vescovo di Cartagine. Pur rimanendo in relazione con la società dotta del suo tempo e con la classe dirigente, con la conversione cambia vita in modo radicale, distribuendo ai poveri le sue sostanze e dandosi allo studio della Sacra Scrittura e degli autori cristiani. Egli non apporta contributi personali allo sviluppo della teologia: è pastore e uomo d’azione, vivamente sensibile al mistero cristiano, che comunica con notevole forza e carica affettiva, radicalmente implicato nei problemi della comunità cristiana assai tormentata (la subdola persecuzione sotto Decio nel 250-251, le polemiche intestine e la persecuzione di Valeriano nel 257-258). I suoi scritti sono perciò di carattere prevalentemente pastorale; attinge a piene mani dagli scritti del concittadino Tertulliano, ma li libera dalla aggressività tipica di quest’ultimo, li rifonde e li ripresenta in modo forse meno penetrante, ma certamente più equilibrato e saggio.

La sua costante preoccupazione è la Chiesa, la cui unità è per il vescovo di Cartagine idea centrale e caratterizzantene il pensiero. Questo è certamente conseguenza delle circostanze storiche in cui si viene  a trovare: le defezioni a seguito della persecuzione di Decio, il problema delle soluzioni penitenziali, i lapsi, la ribellione di Felicissimo. Attorno al tema della Chiesa, della sua natura e della sua funzione si polarizzano e si raccordano in organica visione tutte le verità della fede. Per Cipriano essa è “sacramentum unitatis”: l’unità della Chiesa è carattere inerente alla sua stessa natura e perciò la sua coesione istituzionale è una necessità assoluta. Suo costante riferimento –come del resto già per Tertulliano- è Ef.4,4-6. Questo carattere essenziale della Chiesa ha le sue radici nella unità stessa di Dio, nella Trinità: è da lì che essa discende e prende forma nella vita dell’uomo per attuare il mistero della sua salvezza. Se questo concetto è chiaramente espresso nel trattato “L’unità della Chiesa Cattolica” (in particolare nei cap. 5 e 6), nell’opera “L’orazione del Signore” Cipriano arriva ad affermare che Dio non accetta il sacrificio di chi vive nella discordia, ma gli comanda di allontanarsi dall’altare e di riconciliarsi col fratello (cap.23, in riferimento a Mt. 5,24). Segno visibile dell’unità della Chiesa che appunto discende dall’unico Dio e dall’unico Cristo, dall’unico Battesimo e dall’unica fede  è Pietro, il solo sul quale Cristo ha edificato la Chiesa (in riferimento a Mt.16,18-19). A tutti gli apostoli infatti è stato dato pari potere, ma in Pietro si manifesta l’unità di origine dell’autorità episcopale.

Dunque il tema dell’unità ecclesiale rimanda in maniera diretta al dogma della Trinità, che Cipriano riafferma con assoluta chiarezza, senza però arricchirlo: per lui i riferimenti sono quelli scritturistici, in modo particolare quelli relativi al Battesimo (Mt.28,19). Non diversa è la sua cristologia, ove la centralità di Cristo come “unico Signore” (Ef.4) è affermata con forza ed entusiasmo. Cristo è generato dal Padre, a lui fa capo e a lui tende tutta la storia del popolo di Dio, fino all’instaurazione piena del suo regno. Cristo è prefigurato nell’AT (Abele, Isacco, Giuseppe), è vero agnello pasquale, vera vittima dell’unico sacrificio, compimento di tutte le promesse divine, vocazione di tutti i credenti, Sapienza e Verbo di Dio, Salvatore di tutti gli uomini, Mediatore, Giudice, Re, nostro continuo Intercessore presso il Padre. Inibita in noi, perciò il Padre riconosce nelle nostre parole –soprattutto quando preghiamo con il “Padre nostro”- la voce del suo Figlio; risorgendo ci rende partecipi della sua risurrezione.

La persona dello Spirito Santo resta piuttosto in ombra nell’argomentare di Cipriano; è colui che ispira i profeti, è presente in Cristo, parla per mezzo degli apostoli, muove nell’intimo i fedeli con i suoi doni, li santifica per mezzo dei sacramenti. Da lui il cristiano riceve vita, forza, energia spirituale; in lui vive e si espande, rendendo l’uomo figlio e tempio di Dio. In modo unico lo Spirito Santo vive nella Chiesa, ove opera e genera alla vita di grazia e ove dispensa i suoi doni; la Chiesa dunque viene a essere luogo di salvezza e di santificazione. Per Cipriano essere figlio di Dio e essere figlio della Chiesa è tutt’uno.

La Chiesa è infine l’unica legittima detentrice dei sacramenti e l’unica garante della loro validità. Si può perciò comprendere quale dramma interiore sia per Cipriano il contrasto con Papa Stefano circa il riaccogliere nel seno della Chiesa i seguaci dello scisma di Novaziano…controversia che viene a spegnersi da sè solo nel IV secolo quando, dopo un coesistere di usi diversi, viene a prevalere prima e a imporsi poi la pratica alessandrina e romana, secondo la quale risulta valido il battesimo anche quando esso viene elargito da eretici e scismatici (importanti, oggi, i riflessi in campo ecumenico!), opzione che più tardi Agostino giustifica a livello teologico.

A completamento del mistero della Chiesa intesa come unità, Cipriano considera l’Eucaristia nutrimento in cui Cristo si dona a tutti i fedeli per far crescere in loro e per cementare l’unione ecclesiale. Nel libro dell’Esodo si legge che Dio dà una misura di manna a ciascun israelita nel deserto, senza far distinzione di sesso o di età (Es.16,1ss). Nell’Eucaristia –continuazione del sacrificio e sua reale presenza- Cristo compie in sé la figura della manna, secondo quanto è attestato in Gv. 6,51:” Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. In questo sacramento perciò Gesù si fa per ciascun cristiano cibo che lo accomuna a tutti gli altri fratelli che, come lui , lo ricevono. Questo è espresso in maniera esplicita nella “Epistola 69”, dove Cipriano afferma: “ Lo Spirito Santo non viene dato con misura, ma a chi crede viene infuso nella sua pienezza. Se il giorno nasce per tutti uguale e se il sole diffonde su ognuno la stessa luce, quanto più Cristo, vero sole e giorno nella sua Chiesa distribuisce la luce della vita eterna con uguale misura. Nel libro dell’Esodo si legge che si è compiuto il mistero di questa eguaglianza, quando cadde la manna dal cielo. Prefigurando i beni futuri essa rappresentò il pane del cielo ed il cibo di Cristo, che doveva venire. In quell’occasione, senza distinzione di età e di sesso, ognuno raccoglieva un gomor di manna a testa. Questo episodio prefigurava chiaramente che la bontà di Cristo e la grazia celeste, che in seguito ne sarebbe seguita, sarebbe stata distribuita a tutti in egual misura e che senza distinzione di persona, il dono della grazia spirituale sarebbe stata diffusa su tutto il popolo di Dio” (69,14).

Ancora, secondo Cipriano l’Eucaristia è la sorgente della forza spirituale, premunisce dall’apostasia e dona il coraggio del martirio.

Commentando la preghiera del “Padre nostro”, riprende e amplia il pensiero di Tertulliano, affermando che dicendo “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” noi domandiamo, in senso spirituale, il pane della vita, il cibo della salvezza, per non separarci dal Corpo di Cristo che è la Chiesa e per non allontanarci dalla sua santificazione (in “L’orazione del Signore” 6).

Infine, considerando la Chiesa “sacramento dell’unità”, Cipriano afferma che è l’Eucaristia, “Sacramento dell’uguaglianza”, che attua in maniera reale appunto l’eguaglianza di tutti i fedeli in Cristo.

Cipriano muore martire nel 258, dopo un anno di esilio, circondato dal clero e dai suoi fedeli…martire proprio come Papa Stefano, che lo precede nel 257, a seguito della persecuzione rilanciata dall’imperatore Valeriano.