EUSEBIO di Cesarea

Erede della tradizione intellettuale alessandrina, Panfilio di Cesarea, studioso cristiano che subì il martirio (decapitato sotto l’imperatore Galerio) e che è venerato come santo sia dalla chiesa cattolica sia dalla chiesa ortodossa, aveva fatto di quella città un centro di irradiamento del pensiero e del metodo esegetico di Origene. Alla sua scuola si forma Eusebio, mente vivace, che subito emerge per tre sue particolari caratteristiche:

  1. grandissimo amore per i manoscritti
  2. estrema cura per la trasmissione critica dei testi
  3. fervore per la Sacra Scrittura

Proprio circa quest’ultimo fatto, Eusebio lavora con Panfilio sulla LXX, come anche migliora le edizione dell’Antico e del Nuovo Testamento, al punto che Cesarea diventa un vero e proprio centro di edizione della Bibbia greca. 

Sempre con Panfilio poi svolge un grande lavoro di manutenzione e di arricchimento della biblioteca lasciata da Origene, come anche raccoglie la corrispondenza di Origine, difendendolo dall’attacco provenienti dall’ambiente palestinese; insieme ne scrivono la biografia.

 

Redige poi un grande libro di geografia biblica, che poi Girolamo tradurrà in latino.

 

Infine divide il Vangelo in sezioni numerate e compone tavole sinottiche con le parti comuni a 4, ai 3, a 2 o proprie di un singolo evangelista.

 

Scrive anche dei commenti alla Sacra Scrittura, trattando temi tradizionali ed esponendoli con grande ampiezza e abbondanza di documentazione. Moltissime sono le citazioni filosofiche, soprattutto di matrice platonica. Suo obiettivo è infatti confutare la religione pagana utilizzando le stesse affermazioni dei pagani (Eusebio è infatti sostanzialmente uno storico e soprattutto un apologeta).

E’ certamente debitore a Origene circa il metodo scientifico, ma la sua sequela non è pedissequa. Condivide infatti con il grande alessandrino la sensibilità filologica (prova ne è la redazione dell’Hexapla), come anche l’impostazione cristocentrica dell’ermeneutica biblica, ma si dimostra molto meno spiritualizzante di lui, più attento alla storia e più apologeta. Rispetto a Origene infatti a Eusebio manca la concezione platonica dell’universo a due livelli, da cui deriva la duplice interpretazione storica e spirituale del testo sacro; Eusebio perciò tende a valorizzare molto la prima, mantenendo naturalmente una forte impostazione cristocentrica (talvolta è il Cristo incarnato, talaltra è la Chiesa, ormai vittoriosa).

 

Eusebio di Cesarea è indubbiamente, come abbiamo anticipato, un grande apologista: suo obiettivo è dimostrare che il cristianesimo non è affatto una innovazione sacrilega, ma il punto di arrivo delle più nobili tradizioni sia del paganesimo sia del giudaismo. Questo fattore è molto importante, perché per la mentalità del tempo l’antichità è criterio di verità. Eusebio non può certo negare una oggettiva novità del cristianesimo, ma si premura di agganciarla alla tradizione, assicurando così piena fedeltà al passato, assumendo di esso il meglio e definendolo come “preparazione al Vangelo”. Compie anche un lavoro molto importante di argomentazione circa il carattere anche razionale del cristianesimo.

E’ persona molto attenta alla storia, nella quale egli vede la dimostrazione più evidente della paziente opera educativa di Dio. I suoi testi apologetici possono essere divisi in tre categorie:

  1. Preparazione evangelica”, nei quali dimostra come la rivelazione giudaica sia superiore al paganesimo
  2. Dimostrazione evangelica”, nei quali dimostra come il mistero di Cristo sia già stato preannunciato nell’Antico Testamento
  3. Teofania”, nei quali dimostra come il Verbo abbia operato nella creazione e nell’incarnazione

In queste opere apologetiche Eusebio asserisce inoltre che il cristianesimo è la vittoria della Chiesa, avvenuta per opera provvidenziale; ciò a conferma che il Regno di Dio si edifica già in questo mondo.

Nelle sue opere c’è una scarsa attenzione alle questioni dottrinali; questa è una scelta intenzionale. Eusebio infatti ritiene che il pullulare di eresie, fatto esecrabile, sia il frutto di una indebita curiosità: la ragione umana infatti non è in grado di approfondire temi che la trascendono (quali appunto quelli riguardanti la natura di Dio), perciò, se si inoltra in questa indagine, non può che cadere nell’errore. A suo parere perciò a Dio bisogna prestare culto, ma anche bisogna accontentarsi di conoscere su di Lui solo ed esclusivamente ciò che è possibile dedurre dalla Sacra Scrittura. 

 

Di fatto poi si trova sia a scrivere opere teologiche sia a doversi misurare con la questione ariana. 

Scrive l’opera “Teologia ecclesiastica” che tratta la dottrina del Cristo come Logos divino.

 

Poi l’opera “Contro Marcello” (d’ Ancira), ultimo dei teologi modalisti, e “Contro la difesa di Ierocle”, neoplatonico pagano che esaltava Apollonio, ritenuto superiore a Cristo.

La sua teologia però è discutibile: per Eusebio infatti sia il Figlio sia lo Spirito Santo trascendono tutte le creature, ma sono ritenute di poco inferiori alla divinità, che è il Padre.

Riguardo la questione ariana, non ha abbracciato le tesi più spinte di Ario, ma è indubbiamente un suo simpatizzante. Durante il concilio di Nicea infatti tenta di far approvare il simbolo in uso presso la sua chiesa, i cui termini erano sufficientemente ampi da poter essere accolti anche dagli ariani. Dopo il Concilio, si schiera tra i vescovi protettori di Ario e prende parte alle manovre messe in atto contro Eustasio e Atanasio.

Il suo porsi in una posizione di mezzo tra il radicalismo di Ario e quella di Alessandro di Alessandria ha certamente motivi politici (Alessandria infatti mirava ad avere la supremazia sulle sedi episcopali vicine, fatto assai sgradito agli altri vescovi; inoltre la presenza di lacerazioni interne rendeva la Chiesa fragile agli occhi del paganesimo, il che cozzava contro la presentazione che Eusebio aveva fatto del  cristianesimo come trionfo della Chiesa), ma anche motivi teologici. Eusebio infatti continua la posizione di Origene, peraltro dominante in Oriente, e che ha animato i tentativi di soluzione tra il 340 e il 360, lontano dagli estremismi. Secondo Eusebio infatti ogni posizione dottrinale deve essere saldamente ancorata al dato biblico. Egli è fedele alla dottrina del Logos nella forma che era maturata ad Alessandria nel III secolo e che aveva le sue basi nella dottrina origeniana: il Logos cioè è l’intermediario tra Dio Padre e la creazione. Ciò significa che Egli è in una posizione subordinata: è infatti generato dal Padre in modo reale e immateriale (questo significa affermarne la figliolanza e la divinità), ma per il resto è incomprensibile. Ogni altra aggiunta risulta essere indebita e, soprattutto, senza fondamento scritturistico.

 

Un ultimo aspetto di Eusebio è quello di storico.

Cinque sono le sue opere:

1) “Cronaca”, che è una storia dei popoli orientali, dai Caldei fino ai Romani, redatta nel 303 a partire da fonti pagane. Eusebio dimostra una notevole sensibilità sia filologica sia storica. Sceglie accuratamente le fonti ed elimina ciò che non è storicamente dimostrabile. Nell’opera sono presenti delle tavole sinottiche tra la storia profana e la storia biblica.

2) “Martiri della Palestina”, che è una narrazione agiografica molto attenta alle fasi acute e ai periodi di latenza delle persecuzioni, presentando anche la diversa situazione politica tra l’Oriente e l’Occidente.

3) “Storia Ecclesiastica”, opera in dieci volumi, scritta nel 312, completata tra il 315 e il 317, corretta nel 324.

E’ una novità assoluta perché nell’antichità il culto è uguale, nella sua ritualità, da secoli:  tale fissità, come già detto, è ritenuta essenziale prova della sua veridicità. Da qui consegue l’assenza di necessità di scriverne una storia, perché in realtà non c’è storia. Unica eccezione è il testo di Giuseppe Flavio “Antichità giudaiche”, che è una parafrasi della Bibbia da una prospettiva più politica che religiosa. 

Scrivendo la “Storia Ecclesiastica” invece Eusebio innanzitutto assume una prospettiva religiosa e non politica, poi si propone di parlare di una storia che non è etnica bensì universale.

La storia è concepita in chiave provvidenzialistica: i fatti sono indubbiamente compiuti dagli uomini, ma la regia è di Dio. Così è comprensibile la lotta tra la verità e l’errore, tra Cristo e il demonio e il finale affermarsi della verità…per volontà di Dio e merito di Costantino.

I fatti sono presentati con estrema ampiezza di documentazione. La biblioteca di Cesarea ha testi che, per la maggior parte, sono sconosciuti ai lettori e pressoché irreperibili: per questo motivo sceglie di riportarne ampi stralci, perché è per molti l’unica possibilità di conoscerli e di entrare in diretto contatto con essi. 

Si vede molto bene come Eusebio appartenga alla scuola alessandrina moderata, che valorizza al massimo la dimensione razionale dell’eredità culturale dei suoi predecessori, di Origene in primis.

Non vi è alcun accenno al Concilio di Nicea, forse perché troppo recente, o forse per la sua posizione che alcuni ritengono ambigua. 

4)  “Vita di Costantino” (schema cronologico) ed  “Elogio di Costantino” (schema laudativo, 

discorso regale scritto per il trentennale di governo dell’Imperatore). Eusebio è  indubbiamente un costantiniano ad oltranza: ritiene infatti questo imperatore uno strumento nelle mani della Provvidenza, il “tipo” dell’Imperatore cristiano, colui che fa sintesi tra l’Impero e la Chiesa. Per Eusebio, Costantino è il protettore della Chiesa “dall’esterno”, colui che corona l’età messianica e instaura il Regno di Dio sulla terra . Presenta una teologia politica intrisa di trionfalismo (che verrà però messa in crisi dagli accadimenti successivi).

 

 

Per concludere, facciamo solo degli accenni a quattro questioni:

  1. la stilistica: è uno scrittore duttile, ma non eccezionale. Privo di slanci, è però molto funzionale nei commentari. Nelle opere apologetiche e storiche lo stile è più elaborato e di medio spessore retorico.
  2. di temperamento razionalista, ha avvertito in maniera molto acuta la propaganda anticristiana, quindi ha sviluppato le sue opere letterarie sostanzialmente come una risposta. I pagani inoltre, anche a motivo delle eresie che laceravano la Chiesa, deridevano i cristiani accusandoli di indisciplina e di scarso rigore intellettuale. Proprio per questo Eusebio fa di tutto per far apparire la Chiesa come unita sia dottrinalmente sia politicamente. Da qui il suo voler porre la Sacra Scrittura a sicuro fondamento e il suo lasciare poco spazio alle elucubrazioni personali (questo spiega anche la sua posizione “di mezzo” nella questione ariana).
  3. nei suoi scritti poco risalto è dato allo “scandalo della croce”. Negli ambienti socialmente e culturalmente elevati del tempo si dà molto peso al rigore morale, alla razionalità e all’antichità: questo motiva le scelte di Eusebio.
  4. Eusebio è indubbiamente una persona molto dotta e, grazie al suo essere vescovo, fa in modo che anche il suo clero innanzitutto, ma poi tutta la Chiesa d’Oriente del IV secolo, lo sia. Da questo la teologia e l’intera Chiesa non possono trarne che giovamento.
Cesarea