Il disegno del quindicesimo Cuore pone al centro, di nuovo, il Cuore di Gesù, tutto circondato da fiamme: non più solo in alto, ai piedi della croce – che ormai abbiamo compreso essere l’unità di misura dell’amore di Dio -, ma anche sotto, come a dire che tutto è sempre e solo amore. Dio, nei confronti della sua creazione, non può essere altro che amore, non può fare altro che amare. E’ esattamente questo che caratterizza la visione cristiana dell’origine di ogni vita. Essa infatti ha sempre la sua origine in Dio, il quale certamente le imprime delle leggi naturali alle quali la affida, ma senza mai abbandonarla. Ogni essere creato permane nella vita perché continuamente Dio mantiene nell’essere. Se Dio è eterno, increato, la creazione ha una origine, ma non ha una fine. L’origine è nell’atto creatore di Dio che dona il suo soffio vitale (cfr. Gen 2,7); c’è un percorso sulla terra, che giunge a compimento nella morte, in cui, come dice S. Paolo, si depone animale, ma per poi risorgere spirituale (cfr. 1Cor 15,44). Si depone il corpo così come da noi conosciuto, ma nell’attesa della risurrezione, in cui ogni persona riceverà un corpo spirituale. Nulla del nostro essere va perso, c’è un cammino di trasformazione nell’amore, per amore, verso la pienezza dell’amore. Un cammino che inizia sulla terra, prosegue dopo la morte fino a che si giunge alla piena comunione con la Trinità: questo è il Paradiso. Cammino che la persona ha la capacità di compiere con le risorse naturali di corpo, di mente e di cuore che Dio gli ha donato quando lo ha creato, alle quali si aggiungono le infinite grazie elargite cammin facendo – la cosiddetta “Grazia santificante” -, affinché l’uomo divenga perfetta immagine e somiglianza della Trinità. Così infatti è stato creato; il peccato originale non ha tolto l’immagine, ma è andata perduta la somiglianza (cfr. Gen 1,26). E’ evidente nella propensione dell’uomo a non compiere il bene che vorrebbe, ma il male che non vorrebbe, come ben scrive S. Paolo (cfr. Rm 7,19). L’uomo non è più tutto e solo amore. Con il sacramento del Battesimo, ritorna nella comunione con Dio, che giunge a pienezza certamente con la scelta dell’uomo di vivere conformemente al Vangelo, ma sostenuto dalla grazia degli altri sacramenti. Questo il senso dei fiumi d’acqua che circondano il cuore: la
Grazia elargita da Dio nelle sue varie forme, che raggiunge ogni uomo per molteplici vie, ordinarie e straordinarie.
L’interno del cuore di Gesù è pieno sempre della Grazia, come rappresentato dall’acqua. Nella parte alta del Cuore vi è rappresentata la Santissima Trinità, questa volta non nel simbolo delle tre rose uguali (l’unica sostanza), ma con tre simboli diversi (le tre Persone). Il primo a sinistra è un occhio inscritto in un triangolo: è il Padre, origine di ogni cosa, onnipresente, onniscente, onnipotente. Al centro il Figlio, generato non creato dal Padre, agnello immolato, come descritto nel libro dell’Apocalisse, sotto il quale è posto il libro con i sette sigilli, che soltanto Lui può aprire (cfr. Ap 5ss). A destra lo Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio, nella forma di colomba così come era disceso su Gesù nel Giordano, il giorno del battesimo (cfr. Mc 1,10). Tutti e Tre emanano luce, calore, amore, che si materializza nelle catene d’oro con cui legano a sé i cuori sottostanti: le conosciamo, sono le catene dell’amore, che esprimono la relazione tra Dio e ciascuna anima.
Alla bocca del Cuore di Gesù ci sono tre acini d’uva e una colomba si sta nutrendo di essi. Sono le grazie particolari che la Trinità elargisce a ciascuna singola anima. Sono grazie di contemplazione che fanno gustare la vita divina già qui sulla terra.
Sotto la rappresentazione della Santissima Trinità vi sono tre cuori più grandi e sotto ancora tre cuori più piccolo. Tutti hanno una corona floreale composta dalla rosa dell’amore, dal giglio della castità, dalla viola dell’umiltà e dal gelsomino della semplicità. Sono quattro virtù che Madre Serafina ritiene indispensabili per poter camminare nella via del Cuore delle Divine Meraviglie. Non si può non ardere d’amore, perché il Cuore di Gesù è fuoco d’amore (la rosa); non si può coltivare un amore autocentrato (il giglio); non si può non riconoscere la verità di sé (l’umiltà); non si può avere una mente aggrovigliata nei propri pensieri (la semplicità). Ciò che differenzia i primi tre cuori dai secondi tre è che nei primi le corone delle virtù sono intrecciate anche tra di loro. Questo a dire che la somiglianza con la Trinità ha iniziato a prendere forma in loro. Dio è uno e trino, cioè vive una comunione di Persone. Per essere autenticamente spirituale il cammino personale deve portare a volgere occhi, mente, cuore verso i propri fratelli e le proprie sorelle, per vivere con loro relazioni di autentica fraternità. Non c’è Paradiso se non insieme. I tre cuori sottostanti hanno iniziato a coltivare le quattro virtù, ma sono ancora chiusi in loro stessi: non sono ancora liberi di amare, stanno ancora difendendo il proprio io, sono ancora nell’individualismo, non nella comunione.
Più sotto ancora una colomba che non ha la corona delle virtù: è all’inizio del cammino spirituale.