Al centro è sempre il cuore ardente di Gesù, che ormai abbiamo imparato a conoscere. 

Insieme al cuore, le catene d’oro che legano il cuore di Gesù alla persona, ma anche che la circondano, come a protezione.

Sotto al cuore di Gesù c’è un cuore con indicate le lettere P.S.

Lo abbiamo già incontrato nella descrizione del precedente disegno. E’ il cuore del Padre Spirituale.

Nel suo centro vi è raffigurata una croce che è collegata alla ferita del Cuore di Gesù non solo tramite una catena, ma anche da sette fili d’oro, che sono i doni spirituali che Gesù elargisce.

Questa rappresentazione ci offre l’occasione per riflettere su quella figura che da sempre è stata essenziale nel cammino spirituale, non solo nella tradizione cristiana, ma in qualsivoglia esperienza religiosa: la guida. 

Per parlare di lei, andiamo alle origini dell’esperienza cristiana, quella dei Padri del deserto e che a noi è pervenuta tramite i loro “Detti” e i racconti trasmessici da importanti Padri della Chiesa.

Quando, nel III-IV secolo, i deserti hanno cominciato a essere popolati da “cercatori di Dio”, i più giovani sempre andavano in cerca di “anziani” che li avevano preceduti nel cammino per ascoltare i loro insegnamenti, essere da loro introdotti nel cammino spirituale, per essere illuminati nel discernimento, ecc. 

Questi anziani venivano chiamati “abba” o “amma”: erano sia uomini sia donne, la cui autorevolezza era di natura spirituale, carismatica, non giuridica: non erano cioè necessariamente superiori di comunità. Erano semplicemente monaci che avevano ottenuto il dono dello Spirito dopo un lungo cammino ascetico nell’esercizio delle virtù. Per questo la loro sapienza non era semplice saggezza umana, né derivava dalla loro cultura filosofica o teologica – alcuni di essi erano molto colti, ma altri illetterati -: essa era un dono di Dio, un carisma, ricevuto dopo una vita di preghiera e di penitenza.

Nessuno di loro di autoproclamava “abba” o “amma”: erano piuttosto i discepoli a riconoscerli tali. 

Erano caratterizzati dall’essere comprensivi e misericordiosi, pazienti con i discepoli, ma anche consapevoli dei propri peccati, perciò oltremodo umili. 

Quando accoglievano un giovane come discepolo, sempre, nella preghiera, portavano parte dei suoi peccati e per lui incessantemente intercedevano, lottando anche corpo a corpo con il demonio per la salvezza del figlio spirituale. 

Avevano il dono della parola, del discernimento e della discrezione.

 

Il dono della parola

Il padre Giuseppe raccontò: “Mentre sedevamo con il padre Poemen, egli nominò il padre Agatone. -E’ giovane, gli dicemmo, e perché lo chiami padre? Il padre Poemen disse: -La sua bocca gli ha meritato di essere chiamato padre”. (Poemen 61)

 

Il dono del discernimento

Fu chiesto a un anziano: “Come posso trovare Dio? Con i digiuni? Con le fatiche? Con le veglie? Con la misericordia?” E quello rispose: “Molti hanno tormentato la propria carne senza discernimento e hanno finito per andarsene a mani vuote, senza avere nulla. La nostra bocca puzza per i digiuni, abbiamo imparato a memoria le Scritture, abbiamo recitato tutto David, eppure non abbiamo ciò che Dio cerca, cioè il timore, la carità e l’umiltà” (Serie sistematica X, 135)

 

Il dono della discrezione

C’è una ascesi stimolata dal nemico, perché pure i suoi discepoli la praticano. Come possiamo dunque distinguere la divina, regale ascesi, da quella tirannica e demoniaca? E’ chiaro: dalla discrezione. Sottoponi tutto il tuo tempo alla regola del digiuno: non digiunare quattro o cinque giorni e rompere il digiuno un altro giorno con una grande quantità di cibo. La mancanza di misura è sempre nociva” (Sincletica 15)

 

Sulla destra vi è un cuore segnalato con una S. E’ l’anima-sposa. Madre Serafina, coerentemente con tutta la tradizione spirituale, dice che non si percorre il sentiero dello Spirito da soli, senza guida. E’ perciò necessario coltivare in sé la postura del discepolo: discepolo di Gesù, certamente, ma affidato concretamente a un padre spirituale. E’ essenziale, altrimenti si cammina nella pura illusione. 

Ricorrendo all’esperienza dei Padri, nei loro testi vengono segnalati gli atteggiamenti fondamentali del discepolo. 

 

La manifestazione dei pensieri

“Niente rallegra tanto i demoni ed è così nocivo per i monaci come quando essi nascondono i loro pensieri ai padri spirituali. Figlio mio, senza che io abbia a dire una parola, la tua confessione ti ha liberato da questa schiavitù; confessando contro te stesso tu hai ora ucciso il demonio che, quando tacevi, ottenebrava il tuo cuore (…) D’ora innanzi non avrà alcun posto in te, perché è stato cacciato dal tuo cuore e messo alla luce del sole” (Serie sistematica IV,25) 

 

La fede

Se vai a interrogare un padre riguardo ai tuoi pensieri, dapprima prega Dio con queste parole: “Signore, metti ciò che tu vuoi sulla bocca dell’anziano perché me lo dica. Io accoglierò ciò che viene da lui come se provenisse dalla tua bocca. Confermalo, o Signore, nella tua verità perché per suo tramite io conosca la tua volontà”. E custodisci così ciò che ti dice il padre con attenzione e con timore (Serie numerica n° 592/58)

 

L’obbedienza

Abba Mosé disse: “Il monaco che vive sotto un padre spirituale e non esercita l’obbedienza e l’umiltà, ma di sua iniziativa digiuna o fa qualunque altra cosa che gli sembra buona, non otterrà una sola virtù e ignorerà cos’è un monaco” (PE I,20,6)

 

Sulla sinistra vi è una ruota, collegata alla ferita del cuore di Gesù con sette fili d’oro e contenente sette cuori. I fili d’oro, come già nella rappresentazione del cuore del Padre Spirituale, sono i sette doni dello Spirito Santo. I sette cuori sono le sette virtù, le tre teologali e le quattro cardinali. Questo a dire come il continuo esercizio delle virtù permette a Gesù di colmarci dei suoi doni spirituali, ma senza di esse anche Gesù non può elargirci alcunché. Bene lo sapevano anche gli antichi Padri del deserto.

 

Alcuni fratelli vennero a visitare abba Felice e lo supplicarono di dir loro una parola. Ma l’anziano taceva. Poiché però lo supplicavano con insistenza, disse loro: “Volete ascoltare una parola?”. Gli dissero: “Sì, abba”. Disse allora l’anziano: “Adesso non c’è più parola: quando i fratelli interrogavano gli anziani e facevano ciò che quelli dicevano, Dio procurava loro il modo di parlare. Ora però, poiché interrogano e non fanno ciò che ascoltano, Dio ha tolto la grazia agli anziani ed essi non sanno più che cosa dire, poiché non vi è chi metta in pratica”. Udite queste parole, i fratelli levarono un gemito dicendo: “Prega per noi, abba”. (Felice)