Questa volta non partiamo dal centro, che generalmente è il Cuore di Gesù, bensì dalle due colonne unite da un arco. Esse simboleggiano l’ingresso nel Cuore delle Divine Meraviglie, l’ingresso nella via spirituale secondo la forma che Gesù ha rivelato a Madre Serafina della Croce. Tale ingresso è molto ampio, perché consiste nella Misericordia. Gesù infatti è la misericordia stessa, capace di accogliere ogni uomo, indipendentemente da quanto il peccato abbia sfigurato la somiglianza con Lui, a immagine del quale è stato creato. Nulla ferma l’amore di Dio, tranne la somma libertà dell’uomo. Per tutti c’è spazio nel Cuore di Gesù, basta desiderare entrare al banchetto di nozze che egli da sempre ha preparato per l’umanità intera. Ne parlava già Osea nell’Antico Testamento, poi ancora Gesù nella parabola degli invitati (Mt 22), fino all’Apocalisse dove si parla degli “invitati alle nozze dell’Agnello” (Ap 19). E’ dunque questa una immagine molto cara alla Scrittura, che dice la qualità della relazione di Dio con l’umanità e il tono, che è quello della festa. Dunque nessuno è escluso dall’amore fedele e indissolubile di Gesù.
Quando si entra nel cammino spirituale, Gesù ci inebria con le sue infinite grazie: questo il significato dei molteplici grappoli di uva alle colonne e sull’arco. La vigna è l’immagine cara alla Bibbia per esprimere ancora una volta l’amore di Dio per l’umanità: una vigna che Dio coltiva e di cui so prende cura personalmente, come ben si legge nel profeta Isaia (Is 5). Dalla vigna il vino dell’antica e della nuova alleanza (Mt 9), il vino dell’ultima cena di Gesù, il suo Sangue.
Certamente nel cammino spirituale non si procede di consolazione in consolazione, ci sono anche le desolazioni, c’è la prova della fede, c’è l’aridità, ma più si procede nella sequela più si fa esperienza che, nonostante le turbolenze del vivere, mette radici profonde la soave ebbrezza dello Spirito. Questo è il vino autentico che mai manca a chi sceglie di seguire con fedeltà il Signore Gesù: non la “gioia frizzante”, non la “pace interiore” intesa come assenza di lotta, ma quella quiete di chi riposa in Dio, come ben scrive Agostino nelle sue “Confessioni” (1,1,5)
La parte centrale del disegno è occupata dal cuore di Gesù, nella usuale rappresentazione. Di nuovo c’è che il cuore è circondato dall’acqua della grazia che si riversa nel cuore sottostante, che è esplicitamente indicato come il cuore di Madre Serafina. Tutti coloro che sono chiamati a essere fondatori di una nuova opera o di un nuovo sentiero spirituale, ricevono da Dio grazie particolari relative proprio alla missione loro affidata. Nella teologia spirituale si parla infatti di carisma, carisma del fondatore e di carisma di fondazione.
Il primo è il particolare dono elargito dallo Spirito che non si pone fuori od oltre il Vangelo e la Chiesa, ma nella Chiesa sottolinea un particolare aspetto del Vangelo: la preghiera, il servizio ai poveri, l’annuncio del Regno, ecc.
Il secondo è il dono che lo Spirito fa al fondatore perché comprenda la particolare chiamata di Dio a dare vita a qualcosa di nuovo nella Chiesa e per il maggior bene di tutti.
Il terzo è la particolare assistenza dello Spirito a coloro che, insieme al fondatore, muovono i primi passi e mettono le fondamenta all’opera che Dio affida loro.
Quest’ultimo aspetto ci apre alla considerazione che accanto al cuore di Madre Serafina ci sono altri quattro cuori; questi non ricevono l’acqua dal Cuore di Gesù, ma sono a Lui legati dalla catena d’amore. Non sono meno amati, semplicemente non ricevono ciò che a loro non è necessario per il loro personale cammino spirituale. Questo è molto importante, perché dice come ciascuno è guardato e amato da Dio in maniera unica, ogni cammino è unico, ogni relazione è unica. Custodire questa consapevolezza è tagliare alla radice il vizio della gelosia, dell’invidia e della superbia. Nessun cammino spirituale è solipsistico: sempre dentro la Chiesa, essendo la Chiesa. Dio ama ciascuno, ma di molti fa il suo popolo, la sua famiglia. Questo implica vivere relazioni di fraternità, come Gesù ci ha insegnato: “Quando pregate dite: Padre nostro…” (Mt 6,7) e non “ciascuno dica: Padre mio…”. Una fraternità basata non sul sentimento, bensì sulla carità: questo il significato dell’ancora sottostante il cuore di Madre Serafina, ancora che custodisce la fiamma dell’amore oblativo.
Da ultimo portiamo la nostra attenzione sulle immagini che sovrastano il Cuore di Gesù. Vi sono tre fonti di acqua: sono la Santissima Trinità, rappresentata nella sua dinamica di estroversione, cioè in relazione alle infinite e copiose grazie che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo elargiscono alle anime. Sono “fiumi di acqua viva”, come leggiamo nella Scrittura (Gv 7), ben più abbondanti di quanto la sete di ciascuno possa desiderare e aver bisogno.
Tali grazie sono di sue generi e sono rappresentate dalla rosa e dalla fiamma.
La rosa dice la grazia della contemplazione, dell’assorbimento dell’anima in Dio, di cui si può fare esperienza durante la preghiera, ma che in realtà, procedendo nel cammino spirituale, viene a caratterizzare la vita della persona che vive in continua comunione con Dio. E’ la grazia della preghiera continua, che mormora nella profondità dell’essere. E’ esattamente per essa che la persona spirituale vive nella quiete.
Tale quiete è autenticamente spirituale quando genera la fiamma della missione. Più si vive la quiete in Dio, più diminuisce la preoccupazione per se stessi, più cresce l’attenzione agli altri, più si vive amando e servendo. Per questo le anime autenticamente contemplative sono anche molto attive: la preghiera continua le fa essere canali dell’amore di Dio.