Come sempre, partiamo dal cuore di Gesù, che è all’origine di questo percorso spirituale. E’ rappresentato nella modalità tipica che abbiamo imparato a riconoscere, cioè con fiamme ardenti che dicono l’intensità dell’amore, con una croce che rappresenta l’unità di misura dell’amore, la corona di spine che rappresenta la regalità di Gesù e infine con la ferita da cui sgorgano gocce di sangue. Poniamo la nostra attenzione proprio su queste gocce di sangue. La grazia di Dio non ci inonda, non ci sommerge; Gesù non riversa su di noi il suo amore infinito con un’unica elargizione. Gesù è il maestro e il pedagogo: a partire dal nostro atto di fede nel credere in Lui e nel suo amore, iniziamo il cammino spirituale ed Egli ci cammina a fianco, sostenendoci con la sua grazia e donandoci ciò di cui abbiamo bisogno passo dopo passo. Questa è una educazione a vivere nel presente, senza nostalgie per il passato e senza ansie per il futuro. Come dice la Scrittura, “a ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6,34). Non si tratta naturalmente di essere degli sprovveduti o persone senza progettualità, bensì di essere radicati nel presente perché lì è Dio, la grazia, la missione, la vita concreta.

 

Attorno al cuore di Gesù sono rappresentate sei colombe che portano un cuore nel becco. La colomba è l’anima che ha intrapreso il cammino spirituale. Certamente c’è stato un atto di consegna di sé a Gesù all’inizio del percorso, ma questa prima donazione non è sufficiente. Essa chiede di essere rinnovata  ogni giorno e vissuta istante dopo istante. Di nuovo si ritorna all’attimo presente: è nell’oggi che si vive quella totalità di offerta di sé che si è fatta all’inizio. A motivo della nostra fragilità, è bene ricordarselo, rinnovare la donazione ogni giorno, per poterla rendere attuale passo dopo passo. Solo dentro questa continua consapevolezza la vita diventa una fiammo di amore. Nel disegno infatti le colombe sono separate tra loro da una piccola fiamma. Se la fiamma fosse grande, sarebbe un incendio; l’incendio tuttavia distrugge. Al contrario, la piccola fiamma alimenta l’amore quotidiano. E’ esattamente questa la pedagogia di Gesù: educarci a fare di ogni giorno un capolavoro di amore ricevuto e donato dentro la normalità del vivere quotidiano, così come esso si presenta. Solo così il nostro vivere trova il suo senso e la sua pace. 

 

Il frutto di vivere il quotidiano con Gesù, nell’amore, fa sì che noi diventiamo alberi rigogliosi, esattamente come quello rappresentato da Madre Serafina in questo disegno. Non ci accorgiamo della crescita quotidiana, ma a distanza di tempo ci rendiamo conto di come da arbusti secchi, o rovi spinosi, o rami avvizziti siamo divenuti invece fecondi e come la nostra vita sia adorna di fiori, di profumo e di bellezza. Alcune volte ce lo dicono gli altri, altre volte con sorpresa ce ne rendiamo conto da noi stessi. Non si arriva a essere albero rigoglioso né in poco tempo né in maniera indolore. L’albero bello, si sa, è quello che viene potato, non quello che cresce selvatico. L’accogliere la potatura, il corrispondere alla grazia quotidiana, fa di noi dei capolavori di Dio, rende il nostro vivere pieno di senso, ci permette di accogliere, custodire e accompagnare chi ancora è in cammino verso la donazione piena di sé a Dio, esattamente come quella colomba raffigurata tra i rami degli alberi. 

Sotto l’albero Madre Serafina ha voluto rappresentare molti fiori colorati. Se, come dice la Scrittura, l’albero si riconosce dai frutti, la persona radicata in Dio non può portare che spargere attorno a sé semi di virtù che fioriscono in opere buone. Virtù è l’umiltà, il servizio al prossimo, la semplicità del cuore, la sincerità, la carità, la pazienza.

Se invece i frutti sono il pensare prima di tutto a se stessi e al proprio benessere, il parlare male degli altri, il dire cose non vere, il fare preferenze di persone, l’agire con sotterfugi, il criticare gli altri, il pretendere onori e riconoscimenti, l’accusare gli altri, il puntare il dito, allora l’albero della nostra vita non è radicato in Dio e nel suo amore.

Nella vita non c’è mai sterilità: o si porta il frutto della virtù o si porta il frutto del vizio.