Introduzione

 

Le icone sono ormai assai diffuse anche nel nostro mondo occidentale:  è un dato di fatto. Questo tuttavia non significa affatto  che vi corrisponda un’ altrettanta comprensione del mistero di cui sono espressione. Non sono pochi i casi infatti in cui l’icona viene ritenuta una semplice rappresentazione di un soggetto religioso, valutata con gli stessi parametri con cui viene sottoposta a critica una qualunque pittura occidentale – religiosa o profana che sia - e trattata, magari anche con una certa qual devozione, ma pur sempre come “oggetto ornamentale” o “di arredamento”.

Patrimonio della Chiesa indivisa, è solo nella Chiesa d’Oriente che sono state conservate nella loro purezza di significato. Purezza che non ha impedito certo nei secoli la ricerca di forme e stili legati alla sensibilità di ogni epoca, di ogni territorio, di ogni iconografo, ma senza alterarne mai l’essenza.

A differenza della pittura occidentale, in cui a essere protagonista è l’artista che, tramite pennello e colori esprime “se stesso” o la propria esperienza religiosa (che può essere più o meno vicina al Dato Rivelato, alla Verità della Parola, alla Tradizione), l’iconografia è una forma di “diaconia”: l’iconografo mette a servizio della Chiesa la sua capacità e la sua sensibilità per esprimere la fede, così come la Chiesa stessa l’ha ricevuta dal Signore Gesù, come la vive e come la trasmette. L’icona perciò è un luogo teologico, un luogo in cui la Verità viene espressa non con le parole, ma con i colori. Per questo motivo la naturale collocazione dell’icona è la Chiesa e il suo più idoneo contesto è quello della Liturgia. 

In realtà in molte case ortodosse sono presenti delle icone, ma non sono mai collocate in un luogo “qualunque” – ove per “qualunque” si intende un luogo scelto secondo criteri profani, quali l’estetica, l’arredamento, ecc -, bensì nel cosiddetto “angolo bello” della casa, angolo posto a est  (il riferimento è a Cristo, sole nascente; le stesse nostre Chiese erano costruite in direzione est e l’altare posto sempre verso quel punto cardinale), sempre affiancate da un lume acceso. Questo dice con chiarezza che l’icona è dunque un “luogo di preghiera”. Ancor più, sempre benedette secondo un rito specifico, sono veicolo della Grazia, perché sono un sacramentale, esattamente come lo sono l’acqua santa, le benedizioni sacerdotali, l’olio benedetto, ecc.

I soggetti rappresentati nelle icone sono molteplici:

* tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento (episodi e/o personaggi)

* il Salvatore

* la Madre di Dio (mai da sola, ma sempre o in episodi della sua vita o insieme a Gesù)

* i Santi 

Criterio fondamentale di rappresentazione è che a emergere non è la realtà così come i nostri sensi terreni la percepiscono, bensì la realtà spirituale. Questo risulta particolarmente evidente nei Santi: ben lontani da ogni ritrattistica, le rappresentazioni iconografiche tendono a far emergere il profilo spirituale. Per questo vengono minimizzati alcuni elementi, mentre altri vengono amplificati, sfalsando così ogni riferimento al “reale” percepito dai nostri sensi del corpo.

E’ obbedendo a questi criteri che anche questa icona di Madre Maria Maddalena è stata realizzata e nella cui lettura ora ci inoltriamo.

 

 

Lo sfondo dorato

 

E’ il primo e fondamentale elemento, perché è la chiave d’accesso all’icona. Esso dice –qui come in tutte le icone-  che ciò che è rappresentato tramite i colori non va collocato nell’ambiente naturale, ma in quello soprannaturale, nel mondo di Dio (giacché l’oro rimanda alla divinità). E’ il cielo, che nelle icone mai è presente come tale, fatta eccezione che quando si vuole indicare lo squarciarsi di esso per permettere al divino di raggiungere l’umano. Proprio in questa icona ne abbiamo un esempio, negli angoli di destra e di sinistra: le aperture che permettono agli angeli di raggiungere la terra, delle sorte di… finestre.

 

 

Madre Maria Maddalena

 

Posta al centro dell’icona nel suo abito di Adoratrice Perpetua, abito non scelto da lei, ma donatole direttamente da Gesù.

La sua postura è quella della Madre di Dio del Segno, che è a sua volta una variante della Vergine Orante delle catacombe, simbolo dell’anima cristiana che loda e adora il suo Dio. Le sue mani sono particolarmente allungate, il che nel linguaggio iconografico indica intercessione. E’ questo dell’intercessione uno degli aspetti fondamentali del carisma di Madre Maria Maddalena e dell’Ordine delle Adoratrici Perpetue. Nelle attuali Costituzioni, all’art. 26, leggiamo infatti: “Gesù intercede quale avvocato per i fratelli presso il Padre. Le Adoratrici, in unione a Lui, implorino grazia e misericordia per se stesse, per tutta la Chiesa e il mondo intero. Invochino perché sia concessa conversione ai peccatori, perseveranza ai giusti, luce a coloro che vivono nell’ignoranza o nell’errore e affinché tutti gli uomini si uniscano in un solo ovile sotto un solo pastore. In questa preghiera di intercessione seguano gli impulsi dello Spirito Santo che vive e prega in noi”.

La Madre porta sul cuore il cosiddetto “medaglione della gloria”, nel quale è rappresentato il dono di Dio, cioè il Carisma. Il riferimento è al Giovedì Grasso del 1789 quando, novizia nel Monastero delle Francescane di Ischia di Castro, mentre sta spazzando il refettorio, vede la parete bianca squarciarsi e farsi cielo, con un grande Ostensorio e angeli in tuniche bianche e scapolari rossi  adoranti il SS. Sacramento. Ode la voce di Gesù che le esprime la sua volontà che sulla terra ci siano persone che Lo adorano alla maniera di quegli angeli: come in cielo, così in terra. 

Il Carisma viene affidato alla Madre, seme gettato nel suo cuore, che prenderà corpo nella storia a partire dal 31 maggio 1807, giorno in cui lascia Ischia alla volta di Roma. Ciò che si spiegherà nella storia è però già contenuto tutto nel cuore della Madre, perché è lei la sede del Carisma, di tutto quanto il progetto di Dio.

 

 

La Cupola di S. Pietro

 

Dietro la Madre, appunto la grande cupola della Basilica vaticana. E’ nel centro della cattolicità infatti che ha inizio questa opera di Dio, quasi a sottolineare che è l’Eucaristia, celebrata e adorata, il centro della vita e della missione della Chiesa. 

Sulla destra e sulla sinistra della facciata delle decorazioni in bianco e giallo, a richiamare la figura del S. Padre. Con Pio VII  infatti Madre Maria Maddalena intrattiene un rapporto assolutamente particolare, personale e diretto, fatto di devozione, amore filiale, ma anche di sostegno nella prova (gli predice infatti l’esilio) e di esultanza  nel trionfo (quando tornerà a prendere possesso della sua sede).

 

 

Le mura

 

Ai lati della Basilica sono raffigurate delle mura. Il riferimento diretto è a quelle mura materiali che cingevano la città di Roma, mura che non serviranno a difendere la città dall’occupazione napoleonica e dall’inglobamento di Roma all’Impero francese. Questo il 2 febbraio 1808, mentre Pio VII approvava le Costituzioni del nascente Ordine. Il rimando è però a quelle mura incrollabili che cingono la Gerusalemme del cielo e di cui parla il libro dell’Apocalisse al cap. 21: 

“L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio.

Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.

La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele.

A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte.

Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. […]

Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo.

Le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose. […]

E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta è formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.

Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio.

La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra a lei porteranno la loro magnificenza. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, poiché non vi sarà più notte.

E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni.

Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette abominio o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello”.

La Gerusalemme celeste è caratterizzata dalla presenza dell’Agnello, suo Tempio e sua Luce.

La “città” dove Gesù, veramente e realmente presente nell’Eucaristia, è celebrato e adorato, subisce una metamorfosi: non è più una semplice città terrena, ma partecipa già della gloria della Gerusalemme messianica, proprio perché Lui, Agnello immolato, è presente. Una città che porta contemporaneamente e i segni della Morte e i segni della Risurrezione. Una città già vittoriosa sulla terra: per questo si erge su quella voragine nera, rappresentazione degli Inferi. E’ la stessa presente nell’icona canonica della Natività, in quella della Crocifissione e in quella della Discesa agli inferi. Chi abita nella città in cui Gesù Eucaristia è in mezzo come Agnello immolato e risorto fa esperienza nella sua carne “che la morte è stata ingoiata per la vittoria” (1 Cor.15,54), già nel qui e ora.

 

 

La città

 

Le mura di cui abbiamo fina a ora parlato circondano la città: la città di Roma, che ha accolto la Madre e le sue prime compagne, ma anche le mura di qualunque altra città in cui un Monastero di Adoratrici è presente. E’ caratteristica del Carisma infatti quella di essere nel centro delle città. Questa fu esplicita scelta di Madre M. Maddalena, che fondò il primo Monastero a fianco del Quirinale; dietro lei, ogni fondazione che ne seguì. Se da un lato infatti l’Ordine è di vita contemplativa con clausura papale –il che implica una chiara e netta separazione dal  mondo, un regime di vita tipicamente claustrale, ecc- dall’altro il Monastero è posto nel cuore delle città per poter dare ai fedeli laici la possibilità di adorare Gesù Eucaristia nella Chiesa Pubblica di ogni Monastero. La scelta prima della Madre infatti non è stata la clausura, ma l’adorazione perpetua; è per garantire l’adorazione perpetua che ha accolto per il suo Ordine la clausura. Questo viene da lei espresso con chiarezza nel “Direttorio”, il suo scritto del 1814:

“L’esperienza in Gesù Cristo, carissime, ha fatto sempre vedere che nonostante moltissimi siano coloro che entrano nella Confraternita del SS. Sacramento col desiderio di attendere a fare un’ora di adorazione a Gesù Sacramentato, pure pochi sono quelli che persistono a questa buona volontà; e ciò accade sempre perché non vi è una Comunità Religiosa che sia addetta a tale adorazione per mezzo di un Istituto […] La divina Provvidenza ha fatto stabilire in quest’anno memorabile 1808, in Roma capitale di tutto il Cristianesimo una Comunità di Religiose della perpetua Adorazione al SS. Sacramento, che siete appunto voi stesse, sotto la Regola di S. Agostino, e colle Costituzioni sue particolari, le quali sono state esaminate ed approvate coll’Autorità Ordinaria sotto il dì 2 febbraio 1808, dall’E.mo Cardinale della Somaglia, Vicario di Roma”.

In fedeltà al Carisma, le attuali Costituzioni delle Adoratrici così recitano all’art. 85:

“L’ubicazione dei Monasteri delle Adoratrici Perpetue con l’annessa chiesa sia, per quanto possibile, in località dove i fedeli possano facilmente accedere per la adorazione del SS. Sacramento”.

 

 

La natura

 

Un ultimo elemento resta ancora da commentare, la natura. 

Nella tradizione iconografica essa è spesso presente, ma la sua rappresentazione è lontanissima dalla paesaggistica tipica del nostro Occidente. Ciò che subito colpisce è la assoluta sproporzione tra le dimensioni di una montagna piuttosto che di un albero rispetto alle figure umane. La motivazione sta proprio nel fatto che all’iconografo non è chiesto di fare una rappresentazione reale delle cose, ma una interpretazione spirituale. Se la natura è presente, lo è in forma quasi accennata, quasi a non voler distogliere dal vero centro della scena.

Nell’icona di Madre M. Maddalena essa non poteva certo mancare. 

Un primo motivo è di ordine “storico”: Porto S. Stefano, che ha dato i natali alla Madre, è circondato dalle suggestive montagne dell’Argentario. 

Un secondo motivo, più profondo, è legato al Carisma. L’Eucaristia è infatti il sacramento della redenzione. A essere redento è certo l’uomo, ma non solo l’uomo. Nella Lettera di S. Paolo ai Romani leggiamo infatti: “Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella speranza noi siamo stati salvati”(8,18-24a). 

E’ infatti a seguito del peccato dell’uomo che la natura è diventata caduca; è dunque a seguito della redenzione umana che essa torna al primitivo splendore. L’Eucaristia celebrata e adorata perciò è salvezza per l’intero cosmo.

Sulla sinistra dell’icona è presente anche un fiume. Il riferimento è al già citato libro dell’Apocalisse; nei primi due versetti del cap. 22 infatti troviamo scritto: “Mi mostrò poi un fiume d'acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello. In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall'altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni”.

E’ per la presenza di queste particolari acque che sgorgano dalla Gerusalemme celeste che la natura, redenta, si fa più viva; non solo, ma produce piante particolari, sconosciute alla botanica: sono quei cespugli con le bacche rosse, presenti pure nell’icona canonica della Natività. Esse dicono già la creazione nuova.  

 

 

Conclusione

 

Siamo giunti al termine di questa spiegazione dell’icona di Madre M. Maddalena dell’Incarnazione. Ci siamo accostati a una tradizione che, come abbiamo detto in apertura, non ci è più estranea nelle forme, ma che, molto probabilmente, poco conosciamo in profondità, poco sappiamo decodificare e comprendere.

Possa Madre M. Maddalena aiutarci nel cammino che il futuro ci indica ormai con chiarezza: imparare, secondo l’espressione di Giovanni Paolo II, a respirare a due polmoni, quello della tradizione occidentale e quello della tradizione orientale,  per camminare verso l’unità di cui l’Eucaristia è sacramento.