1,9-11

9ν τ φς τ ληθινν,

 φωτίζει πάντα νθρωπον,

ρχόμενον ες τν κόσμον. 

10ν τ κόσμ ν

κα  κόσμος δι’ ατο γένετο

κα  κόσμος ατν οκ γνω. 

11ες τ δια λθεν

κα ο διοι ατν ο παρέλαβον.

v. 9: La prima questione con la quale ci si scontra è quella linguistica, ancora una volta problematica. Per come è stato tradotto dalla nuova versione ufficiale della CEI, il versetto 8 viene considerato una perifrastica, dunque traducibile con un unico verbo (“veniva”, “stava giungendo”). Questa opzione però non soddisfa alcune obiezioni sintattiche:

  1. distanza eccessiva tra i due termini 
  2. l’annuncio di una venuta imminente chiede l’utilizzo di un verbo puntuale (per es un aoristo), invece qui viene utilizzata una forma durativa (l’imperfetto)

Questa seconda questione perciò sarebbe una affermazione di una presenza costante della luce vera, che continua a venire nel mondo.

Alternativa è quella di tradurre ἦν dandogli un valore assoluto, facendolo dipendere da un soggetto sottinteso, un “egli” che è ovviamente il Λόγοςἐρχόμενον può essere allora considerato come un participio congiunto e serve per esplicitare quando accade l’opera di illuminazione del Verbo; viene grammaticalmente considerato un neutro concordato con τὸ φῶς, cioè la luce, e non con πάντα ἄνθροπον, cioè ogni uomo (scelta, quest’ultima, della Vulgata).

La prima opzione invece mette in risalto il ruolo centrale della luce, ma: τὸ φῶς, cioè la luce, quella vera! L’aggettivo ἀληθινόν e il sostantivo ἀλήθεια sono caratteristici degli scritti giovannei ed esprimono due concetti fondamentali:

  1. l’opposizione radicale a ciò che è falso e menzognero (e che viene dal diavolo)
  2. ciò che appartiene all’ordine della rivelazione

Detto in altri termini: ci sono tante luci, ma una sola è la Luce veritiera, quella che proviene dal Verbo. Le altre illuminano l’origine e il destino in maniera falsa.

Nota a margine sull’utilizzo dell’aggettivo ἀληθινόν nel quarto vangelo:

  • 6,32: il pane, quello vero, in opposizione alla manna
  • 15,1: la vite vera, in opposizione a Israele

C’è una fortissima focalizzazione cristologica, che ha però una apertura universalistica: la luce illumina ogni uomo. Questa espressione, unica in tutto il NT, esprime proprio i confini della missione di Gesù: tutte le persone di ogni tempo e di ogni luogo, nessuno escluso, per la capacità della luce di essere diffusiva. Questo è sottolineato, ancora una volta, dalla scelta del tempo verbale: il presente, che dice il perdurare dell’azione della luce.

 

v. 10: Qui viene detto che il Λόγος è contemporaneamente rivolto verso Dio ed è presente nel mondo (vengono utilizzati due imperfetti). Va però meglio specificato il contenuto del termine κόσμος, presente 3 volte con 3 sfumature diverse.

1) 10a -> realtà creata, universo (cfr 11,9)

2) 10b -> umanità (cfr 6,51)

3) 10c -> coloro che vivono sottomessi alle tenebre, ostili alla missione salvifica di Cristo (cfr 7,7)

Ancora, il verbo “riconoscere” in greco è γιγνώσκω, che non esprime solo una esperienza intellettuale, ma di tutto intero l’uomo (mente-cuore-corpo). Tale conoscenza è l’inizio della fede, quindi il rifiuto di cui si parla qui è radicale e profondo.

 

v.11: Vengono specificati ora chi sono coloro che non hanno accolto il Λόγος: “i suoi”. L’espressione greca utilizzata indica che si tratta di una persona, cioè coloro che sono della sua casa; in questo senso potrebbe anche essere tradotto con “Venne a casa sua”. Una visione restrittiva e miope fa identificare questi “suoi” con Israele il popolo eletto. In realtà il prologo si muove su di un registro molto più ampio che prende in considerazione la creazione, la storia di Israele e l’incarnazione. A essere proprietà di Dio non è solo il popolo eletto, ma l’intera creazione, l’intera umanità. Espressione solo in questo vangelo, è presente anche in 10,34 e 19,27. 

Se il v.10 diceva il rifiuto del Λόγος da parte del mondo, questo versetto dice il rifiuto del Λόγος da parte dei suoi. I verbi utilizzati però non sono i medesimi. 

Nel primo caso viene utilizzato γινώσκω, che dice il rifiuto volontario del progetto di Dio sull’umanità.

Nel secondo caso viene utilizzato ταραλαμβάνω – il rimando è al v. 5 – che dice il rifiuto ad accogliere, a prendere vicino, a dare ospitalità. 

Mettendo insieme i due rifiuti, emerge la scelta di rifiutare la presenza di Dio come creatore sia dei suoi interventi nella storia. Come già in Is 9,1, Dio parla e l’umanità si sottrae all’alleanza.