1,16-18

16ὅτι ἐκ τοῦ πληρώματος αὐτοῦ 

ἡμεῖς πάντες ἐλάβομεν, 

καὶ χάριν ἀντὶ χάριτος· 

17 ὅτι ὁ νόμος διὰ Μωϋσέως ἐδόθη, 

ἡ χάρις καὶ ἡ ἀλήθεια διὰ Ἰησοῦ Χριστοῦ ἐγένετο. 

18 θεὸν οὐδεὶς ἑώρακεν πώποτε· 

μονογενὴς θεὸς

ὁ ὢν εἰς τὸν κόλπον τοῦ πατρὸς 

ἐκεῖνος ἐξηγήσατο.

 

 

Il v.16 inizia con ὅτι: questa preposizione forma il nesso causale tra due fatti, ma in senso bidirezionale: può cioè introdurre la causa di un effetto o l’effetto che dimostra l’esistenza di una causa. Il collegamento è con il versetto 14: l’esistenza di una comunità che ha ricevuto l’amore di Dio è la prova della veridicità di quanto affermato nel v.14. 

Ciò che è stato ricevuto è χάριν ἀντὶ χάριτος. La preposizione ἀντὶ può avere molteplici significati:

  • “invece di”: dunque la grazia ricevuta prima viene sostituita con una nuova grazia. Questa teologia è insostenibile nel NT, soprattutto nel quarto Vangelo.
  • “oltre a-sopra-su”: dunque un accumulo di grazia, una grazia precedente completata da una seconda grazia. Si prospetta così una teologia del compimento: la prima alleanza viene portata al massimo della sua efficacia in Gesù. Ovviamente è questa l’interpretazione corretta.

 

Il v. 17 spiega in maniera esplicita χάριν ἀντὶ χάριτος. Dal punto di vista strutturale c’è un evidente parallelismo: 

  • da una parte la legge, dall’altra l’endiadi “grazia e verità”
  • da una parte Mosè, dall’altra Gesù
  • da una parte “fu donata” (passivo teologico che mette in evidenza l’azione di Dio), dall’altra “vennero all’esistenza” (avvento attivo della grazia e della verità)

Interessante notare che il precorso, in Gv, non è dalla legge alla grazia, ma viceversa: la grazia è la pienezza della legge, cioè della rivelazione. Dunque la legge è incompleta, ma non per questo va annullata. Al contrario, essa è stata un dono di Dio e continua a esserlo (il verbo utilizzato è δίδωμι, che significa proprio donare); l’altro e successivo dono di Dio è la “grazia e verità”, che perfeziona il primo. Tra le due economie non c’è contapposizione; il parallelismo di cui si è parlato prima non è perciò antitetico, bensì sintetico.

 

Nel v. 18 vi è una opposizione letteraria tra il vedere e il rivelare. Il vedere Dio è la massima aspirazione dell’uomo biblico (cfr Es 33,18-20); non di meno nel quarto Vangelo (cfr 14,8). Nell’AT i motivi per cui l’uomo non può vedere Dio sono due: il suo essere peccatore (cfr Is 6,5), la natura trascendente di Dio (cfr Sap 9,16ss; Sir 18,4; 43,31).

Gv nel prologo invece afferma che all’uomo è data la possibilità di vedere Dio nella persona di Gesù. Più esplicitamente, Gesù solo vede il Padre e lo rivela all’uomo (cfr 3,11). Il che è come dire che il Λόγος non smette di essere costantemente rivolto verso il Padre (1,1) anche nell’incarnazione, mantenendo con Lui una perfetta continua comunione.

Proprio il Λόγος lo rivela: il verbo utilizzato è ἐξηγήομαι al tempo aoristo, verbo molto caro alla tradizione sapienziale. E’ una delle tante scelte “a doppio senso” tipiche di Gv: da una parte condurre-essere guida, dall’altro raccontare-spiegare. Il che sarebbe come dire che Gesù ha raccontato e spiegato Dio, ma al contempo ha aperto, rendendola accessibile, la strada a Lui.

In italiano non si può mantenere la polisemia, quindi si opta per il “raccontare”, che è essenziale, ma che ha per finalità sottintesa il condurre.

In italiano c’è un complemento oggetto (“lo”) che in greco non c’è: questo perché l’interesse di Gv non è il contenuto della rivelazione ma la persona rivelante: lo scopo dell’incarnazione è raccontare Dio e il Gesù di Gv è il narratore di Dio Padre.

 

A questo punto si può perciò comprendere con chiarezza quale è l’obiettivo dell’intero prologo: suscitare nel lettore il desiderio della realtà divina, offerta a ogni uomo, che consiste nel diventare figli di Dio. Questo è possibile perché Gesù, il Figlio unigenito, vede costantemente il Padre perché è a Lui eternamente rivolto, ma grazie alla Sua incarnazione ce lo rivela. Tale testimonianza, raccolta dal discepolo e scritta nel libro, rende possibile la dinamica del vedere-credere-diventare figli di Dio a tutti coloro che leggono il libro.