Gv 1,19-34

Testo CEI 2008         

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Tu, chi sei?”. Egli confessò e non negò. Confessò: “Io non sono il Cristo”. Allora gli chiesero: “Chi sei, dunque? Sei tu Elia?”. “Non lo sono”, disse. “Sei tu il profeta?”. “No”, rispose. Gli dissero allora: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?”. Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia”. 

Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?”. Giovanni rispose loro: “Io battezzo nell'acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”. Questo avvenne in Betаnia, al di lа del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: “Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: «Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me». Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele”. 

Giovanni testimoniò dicendo: “Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: «Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo». E io ho visto e ho testimoniato che questi il Figlio di Dio”.

 

Giusto per contestualizzare l’episodio, è forse richiamare la macro-struttura del Quarto Vangelo.

Esso può essere diviso in quattro parti:

  • il prologo, cioè i primi 18 versetti, che sono un testo poetico
  • La prima sezione, detta “Il libro dei segni”, che va da 1,19 a 12,50
  • La seconda sezione, detta “Il libro dell’ora”, che va da 13,1 a 20,31
  • L’epilogo, cioè il cap. 21

Ecco, il versetto 19 del cap 1, che introduce il nostro brano, segna l’apertura della 1° sezione, nonché il passaggio dal linguaggio poetico a quello narrativo del Quarto Vangelo.

Addentrandoci nella micro-struttura del Quarto Vangelo, le prime quattro scene che si incontrano in apertura al “libro dei segni” sono tutte caratterizzate da una connotazione temporale: “il giorno dopo”. Le prime due sono quelle che abbiamo letto, sono accoppiate e si svolgono nella zona del Giordano; anche le altre due sono accoppiate tra loro per il tema, cioè la chiamata dei primi quattro discepoli, Andrea con Pietro e Filippo con Natanaele. Per inciso, anche lì ritorna l’espressione “Ecco l’agnello di Dio” (1,36), pronunciata sempre da Giovanni. Se poi si aggiunge il capitolo 2, che si apre con l’espressione “tre giorni dopo” (2,1), si ottiene una sequenza di scene che formano la cosiddetta “settimana inaugurale di Gesù”, cioè la settimana nella quale Gesù inizia il suo ministero pubblico. Nel Quarto Vangelo questo assume poi particolare valore perché non sono presenti, come in Matteo e in Luca, i racconti dell’infanzia. 

 

Venendo ora al brano che vogliamo approfondire oggi, esso può essere diviso in due scene:

  • la testimonianza indiretta di Giovanni su Gesù, dal v. 19 al v. 28
  • la testimonianza diretta di Giovanni si Gesù, dal v. 29 al v. 34

 

Anche la prima scena in realtà può essere a sua volta divisa in due parti:

 

  • vv.19-23: il centro del racconto è Giovanni, che viene interrogato circa la sua identità. La modalità che ha di rispondere è tipica delle professioni di fede solenni: “Egli confessò e non negò. Confessò…”. Sappiamo che i Vangeli non sono una cronaca dei fatti e delle parole circa Gesù di Nazaret. Essi sono l’espressione del percorso della fede in Gesù di una precisa comunità cristiana. Non diverso è il Quarto Vangelo, scritto per rafforzare la fede dei suoi lettori cristiani, condotti progressivamente a formulare in pienezza la professione di fede, come espressamente detto al cap. 20,30-31: “Gesù in presenza dei discepoli fece ancora molti altri segni, che non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. Dunque il Quarto Vangelo vuole condurre il lettore alla fede in Gesù, il Cristo e il Figlio di Dio, e rafforzare questa fede. Le circostanze esterne possono essere avverse e ostacolare la fedeltà: la comunità giovannea lo sa molto bene perché vive l’esperienza di essere non solo allontanata, ma anche perseguitata dalla sinagoga, al punto da dover andare in esilio a Efeso. E’ esattamente per questo motivo che essa ritiene importante la professione di fede, cioè una proclamazione pubblica a parole della propria fede e una vita vissuta coerentemente a essa. Ecco perché quella di Giovanni è una confessione così solenne: è la prima confessione della fede! La risposta di Giovanni si articola su due registri, uno negativo e uno positivo. Quello negativo riguarda ciò che Giovanni non é: non è il Cristo (e in questo riprende il Prologo, ai vv. 6-8) e non è Elia (a questi era connessa l’idea di “precursore”, ruolo che il Quarto Vangelo nega tassativamente a Giovanni: Gesù infatti ha un’altra origine e dunque non può avere alcun tipo di precursore!). Il registro positivo invece riguarda ciò che Giovanni è. I vv. 22-23 riprendono in maniera esplicita il testo di Is 40,3 , ma secondo la versione greca dei LXX, ove si parla del κύριος: per il lettore cristiano è evidente che il riferimento è al Cristo, nel quale Dio ha visitato il suo popolo. Per questo Giovanni non è il suo predecessore, bensì colui che ne annuncia l’arrivo; questa la ragione per cui nel Quarto Vangelo manca la citazione di Malachia 3,1, presente invece nei tre vangeli sinottici (in Mc 1,2: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via”). La relazione tra Gesù e Giovanni è tema molto importante, tanto che è stata trattata anche nel Prologo. Le motivazioni sono molteplici, alcune di tipo teologico altre di tipo storico. Importante è comprendere che Giovanni è testimone di Gesù: il “testimone” è concetto-chiave nel Quarto Vangelo. Essere testimoni di Gesù. 

 

  • vv. 24-28: la questione qui è il battesimo conferito da Giovanni. Questa la domanda dei farisei. Giovanni si limita a rispondere che il suo è un battesimo nell’ acqua. Non dice alcunché circa il battesimo in Spirito Santo che impartirà Gesù, perché il vero punto qui non è il battesimo, ma la dignità di Gesù, anche in paragone a Giovanni. La risposa di Giovanni è sottile: afferma che i farisei non conoscono Gesù. Ma perché? Perché non riconoscono in Lui il Messia! Il Messia sconosciuto, misterioso, inafferrabile è tema caro Quarto Vangelo. Qui però non si può non cogliere l’ammiccamento al Prologo: “ Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto” (Gv 1,10-12). La scena termina poi con una connotazione geografica, che in Giovanni è importante: definito “vangelo spirituale”, il Quarto Vangelo si dimostra essere il più preciso dal punto di vista storico, geografico e culturale (cioè sugli usi e costumi dei Giudei al tempo di Gesù)!

 

Anche la seconda scena può essere divisa in due parti: 

 

  • vv.29-31: in apertura c’è una indicazione temporale. Gli interlocutori di Giovanni non sono più i farisei, ma il popolo venuto per ascoltare la sua parola e per farsi battezzare da lui. A essi Giovanni addita Gesù come l’Agnello. Il termine “Agnello” è carico di significati nel Quarto Vangelo. Innanzitutto il riferimento può essere all’Agnello dell’Apocalisse (19,9), figura escatologica e messianica della fine dei tempi; poi può essere l’Agnello pasquale, vista l’importanza della festa di Pasqua nel Quarto Vangelo (ove le pasque di Gesù sono tre, a differenza dei sinottici ove ce n’è una sola). Soprattutto però l’Agnello può essere in riferimento al canto del servo sofferente di IHWH, in Is 53,7, che simboleggia il Servo di Dio: se si pensa a Gv 12,20-43 (dall’ingresso di Gesù in Gerusalemme all’incredulità dei Giudei), si comprende come questa prospettiva sia di gran lunga la più adeguata. A differenza però di Isaia, l’Agnello non toglie “i peccati” , bensì “il peccato” del mondo, che in ultima analisi è uno soltanto: la mancanza di fede in Gesù e nella sua missione. Ci si ricollega qui ancora una volta all’importanza della confessione della fede di cui si è parlato all’inizio della scena precedente. Giovanni poi afferma che Gesù era prima di lui: precedenza temporale ed ontologica, perché Gesù è co-eterno col Padre ed è Dio. Spiega poi l’obiettivo del suo battesimo nell’acqua: far conoscere Gesù a Israele. 

 

  • vv.32-34: la testimonianza di Giovanni si fa più concreta. Giovanni battezza nell’acqua, Gesù battezza in Spirito perché lo Spirito è su Gesù e Giovanni lo ha visto discendere (la forma della colomba attinge alla tradizione). Giovanni conosce Gesù per rivelazione diretta di Dio, quello stesso Dio che lo aveva inviato a battezzare nell’acqua. A differenza dei sinottici, qui non si dice che Giovanni ha battezzato Gesù e nemmeno si parla della voce dal cielo. Non è casuale. A Giovanni nel Quarto Vangelo viene impedito non solo il titolo di “precursore”, ma anche di “battista”: egli è sempre e solo “il testimone”. Testimone del fatto che Gesù è il Figlio di Dio: ha infatti visto, con gli occhi della fede, lo Spirito scendere su di Lui.

 

Come sintetizzare dunque le tematiche presenti in queste due prime scene narrative del Quarto Vangelo?

Tre sono le tematiche:

  1. la fede poggia sul solido fondamento della testimonianza. Giovanni è testimone dell’origine e della missione divina di Gesù. Egli poi è solo il primo di una catena di testimoni che verranno man mano presentati lungo il Quarto Vangelo
  2. Se chi legge il Quarto Vangelo si fa discepolo di Gesù e vive con coerenza di vita tale discepolato, entra lui pure nella catena dei testimoni
  3. Vivere con coerenza la propria fede significa fare la confessione della fede, anche quando il contesto in cui si è inseriti non è favorevole.