I Racconti di un pellegrino costituiscono il testo che ha permesso a un vasto pubblico di conoscere la preghiera di Gesù. 

Apparsa per la prima volta nel 1870, ripubblicata a Kazan' nel 1884, quest'opera anonima ha origini oscure. Forse fu copiata dal padre Paisij (1883), superiore del monastero di San Michele dei Ceremissi a Kazan', da un manoscritto posseduto da un monaco russo dell'Athos. Secondo altre fonti, verso il 1860 il manoscritto si sarebbe trovato tra le mani di una monaca diretta dallo starecAmbrogio, del famoso eremo di Optina Pustyn'. Tra le carte dello starec sono stati trovati altri treRacconti, pubblicati in Russia nel 1911. Questi tre ultimi Racconti si distinguono da quelli della prima raccolta per il carattere maggiormente didattico. Essi offrono ai lettori alcuni elementi indispensabili non necessariamente per imitare, ma per seguire il pellegrino nella sua ricerca del cuore. 

Nella finzione, l'autore è un contadino della provincia di Orel –o forse il mercante Nemyotov?- che si reca a Optina per ricevere l'insegnamento dello starec Macario, predecessore di Ambrogio.  IRacconti narrano che il pellegrino, all'età di trent'anni (l'età di Gesù...), avendo perduto tutto, entra una domenica in una chiesa dove ode questa frase di san Paolo: «pregate incessantemente». L'esortazione lo induce a mettersi in cammino. Egli cerca l'uomo che saprà spiegargliene il significato ed insegnargliene la pratica.

Il  pellegrino finisce con l'incontrare uno starec che, sottoponendolo a una dura ascesi, gli insegna alcuni rudimenti della preghiera di Gesù. Poco prima di morire, il padre spirituale lascia al discepolo un esemplare della Filocalia. Il libro diventa, unitamente alla Bibbia, una riserva di nutrimento spirituale e un sostegno morale del viaggiatore, che d'ora in poi sa verso quale meta volgersi. La luce d'Oriente, sebbene invisibile, fa da guida al suo errare. Al «vegliare e pregare» corrisponde il «marciare e pregare» del pellegrino il quale, sempre più amante della solitudine e del silenzio, accetta con umiltà di aiutare tutti coloro che sentono in lui l'energia di un essere proiettato verso il cielo, di un'icona dell'«uomo del desiderio». Abbandonatosi a Dio, egli s'incammina verso la propria liberazione. Nel suo vagabondaggio di preghiera, il pellegrino gioisce dell'unione della propria preghiera con quella del cosmo. Continua è la liturgia cosmica, e lentamente essa si disvela, scompare la cispa che ingrombra l'occhio del cuore, l'alba eterna diventa una realtà... 

 

L'origine contadina dell'opera, la cui stesura corrisponde alla sua intenzione di fondo in modo così perfetto, è poco probabile.

Siamo piuttosto davanti a un soggetto appositamente scelto con un raffinato espediente letterario. Solo due parole dalla lettera dell’apostolo Paolo ai Tessalonicesi (5,17), espressamente isolate dal contesto, cambiano la vita di un uomo, dandogli una particolare direttrice, un fine e un senso, e tutto il seguito della narrazione si costruisce attorno alla ricerca e alla conquista da parte del pellegrino dell’incessante preghiera di Gesù. Questo è il primo e fondamentale compito del libro. L’autore si sforza di consegnare al lettore una guida pratica alla preghiera di Gesù, componendo se non un manuale, una antologia per l’orante. Di conseguenza il libro è diretto al lettore praticante, forse anche indifferente all’aspetto romanzesco, ma seriamente impegnato in una ricerca spirituale. Così l’allegoria con cui iniziano i Racconti sinceri di un pellegrino Russo in ultima analisi contengono un indubbio significato soteriologico. 

Scegliere di prendere tra le proprie mani quest’opera del monachesimo cristiano d’Oriente significa perciò inserirsi nel numero di coloro che sono spiritualmente in ricerca e che non ricusano la pratica ascetica come valido e irrinunciabile strumento del cammino.

 

La ricerca di Dio, dunque: Dio desiderato e cercato in quella esperienza particolare che è la preghiera. Non la preghiera che domanda, non la preghiera di chi intercede, ma la preghiera di chi null’altro desidera se non l’unione con Dio e la assimilazione a Lui. Preghiera non come azione, ma come stato, preghiera pura, perfettamente gratuita.

Nella spiritualità bizantina si parla spesso di contemplazione: è il discendere nel proprio cuore, il portare la mente nel cuore, il ricondurre l’attenzione della mente nel cuore perché lì dentro dimora Dio e lì bisogna incontrarlo. Il corpo di ogni uomo è infatti inabitato da Dio e nel segreto del cuore esso può accendersi di luce e quasi di gloria. Basti pensare a Serafino di Sarov e a quel bellissimo passo riportato nel “Colloquio con Motovilov”:

Allora Padre Seraphim mi prese le spalle e, stringendole molto forte, aggiunse:

“Siamo tutti e due, tu ed io, nella pienezza dello Spirito Santo. Perché non mi guardi?”

“Non posso guardarvi, Padre. Dei fulmini lampeggiano  dai vostri occhi. Il vostro viso è divenuto più luminoso del sole. Ho male agli occhi...”

Il Padre Seraphim disse:

“Non abbiate paura, amico di Dio. Siete diventato anche voi altrettanto luminoso perché anche voi ora siete nella pienezza dello Spirito Santo, altrimenti non avreste potuto vedermi così.”

 

Il metodo usato dal Pellegrino è quello della Preghiera di Gesù, conosciuta anche come Preghiera del Nome o Preghiera del Cuore.  Essa, radicata nel Nuovo Testamento, viene assunta da una «corrente» propria della spiritualità orientale antica che è stata chiamata esicasmo. Il nome proviene dal greco hesychìa che significa: calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione.L'esicasmo può essere definito come un sistema spirituale di orientamento essenzialmente contemplativo che ricerca la perfezione (deificazione) dell'uomo nella unione con Dio tramite la preghiera incessante.

Tuttavia ciò che caratterizza tale movimento è sicuramente l'affermazione della eccellenza o della necessità della stessa hesychia, della quiete, per raggiungere la pace con Dio. In un documento del monastero di Iviron del monte Athos, si legge questa definizione: «L'esicasta è colui che solo parla a Dio e lo prega senza posa».

Gli esicasti, inserendosi nella tradizione biblica, esprimono l'esperienza della preghiera contemplativa attraverso l'invocazione e l'attenzione del cuore al Nome di Gesù, per camminare alla sua presenza, essere liberati da ogni peccato e rimanere nel dolce riposo di Dio in ascolto della sua parola silenziosa.

Movimento tipicamente monastico, grazie proprio ai Racconti del Pellegrino Russo si diffonde anche tra i laici, a dimostrare che la preghiera è vocazione universale e, ancor più, che la preghiera di unione non è dono riservato a pochi privilegiati che vivono in un particolare stato di vita, ma dono che Dio concede a chiunque lo domanda con cuore retto e sincero, accettando di percorrere anche il cammino di purificazione del cuore  che crea lo spazio indispensabile per accogliere tale dono.

 

Essenziale è porre l’attenzione anche su un altro punto, tipico della preghiera esicasta: il ruolo del corpo, che in questa modalità di preghiera è coinvolto in maniera notevole. 

Tutti gli autori spirituali, a partire dai padri del deserto, affermano che chi desidera esercitarsi nella preghiera deve continuamente fuggire da ciò che “distrae da Dio”. Il mondo creato però, all’origine, non è certo stato originato per distrarci, ma per condurci a Dio. La distrazione è conseguenza della decadenza dovuta al peccato originale; essa però può venire progressivamente superata a seconda del grado di purezza che acquista il cuore dell’orante. 

Il cammino di purificazione passa attraverso tre gradi di preghiera:

  1. il primo, detto “morale”, in cui per elevare la mente a Dio è necessario evitare la malizia, il peccato e tutte quelle passioni malvagie che impediscono il colloqui con Dio, bontà assoluta.
  2. il secondo, detto “psicologico”, in cui l’attenzione è concentrata nell’evitare la prolissità di parole nella preghiera e i pensieri incoerenti con le realtà divine sulle quali si sta meditando
  3. il terzo, definito da Evagrio Pontico “preghiera pura”, priva di distrazioni, di idee e immagini di Dio che sono sempre e comunque parziali, capace di assurgere a uno stato di nudità assoluta

Il Pellegrino, che vive in mezzo al mondo, testimonia che è possibile arrivare alla vetta della preghiera mistica, fatta di silenzioso godimento della Sua Presenza. 

Evagrio parla di “intelletto”, più tardi si parlerà di “cuore”; in entrambi i casi è l’amore che permette di raggiungere la pura trasparenza, Dire “cuore” per l’uomo biblico è dire l’uomo intero. Allora asserire che nella preghiera perfetta il cuore diventa trasparente è dire che l’intero uomo diventa trasparente, compreso il suo corpo. E’ proprio per questo che gli esicasti hanno cercato di rendere trasparente il loro corpo facendolo partecipare alla preghiera del cuore. Per questo motivo l’esicasmo viene definito un metodo “psicofisico” di preghiera.

 

La preghiera pura deve essere continua e incessante. 

Essa è un muro sicuro, un porto tranquillo, la salvaguardia delle virtù, la fine delle passioni, la tensione dell’anima, la purificazione del cuore, il riposo di quelli che si sono addormentati, la consolazione di quelli che piangono. 

La preghiera è incontro con Dio, contemplazione dell’invisibile, certezza di quelli che desiderano, vita angelica, impulso che porta al bene, fondamento delle cose sperate. 

Asceta, stringi con tutta la tua forza questa regina delle virtù. 

Prega giorno e notte  sia quando sei scoraggiato, sia quando sei di buon animo. Prega con timore e tremore, con un cuore sobrio e vigilante, perché il Signore riceva la tua preghiera.

            Teodoro, vescovo di Edessa

PRIMO RACCONTO

IPellegrino è colui che è spiritualmente in ricerca, che si lascia provocare dalla Parola che ascolta, che accoglie l’invito a fare della preghiera il luogo e il tempo privilegiato dell’incontro con Dio. 

Il Pellegrino inoltre è colui che non cammina da solo, ma si pone alla scuola della Tradizione, cioè di coloro che, prima di lui, hanno già iniziato a percorrere il sentiero della preghiera e che perciò possono essere per lui guida e maestro.

Ancora, il Pellegrino non affida il suo cercare Dio all’improvvisazione, alla spontaneità, alla “sensazione del momento”, ma fa spazio a un “metodo”. Questo perché la preghiera è certo “bisogno del cuore”, ma anche “educazione del cuore”: solo un cuore purificato e liberato, ripulito, può “udire” veramente la voce di Dio nel profondo dell’anima…

 

…Da cinque giorni il Pellegrino cammina lungo la strada maestra, con nel cuore l’ardente desiderio di incontrare qualcuno che lo introduca all’orazione ininterrotta… Unica compagna di viaggio la Bibbia, che legge per trovarvi riposo e consolazione. 

Dio non esita a rispondere a colui che lo cerca con cuore ardente e sincero.

Una sera incontra un vecchietto, dall’aspetto di un religioso. E’ un monaco che vive in un eremo distante circa dieci verste dalla strada maestra. Iniziano a dialogare e il Pellegrino gli manifesta il desiderio ardente del suo cuore. Egli lo invita ad accompagnarlo all’eremo, ove vivono starets di grande saggezza, in grado di offrirgli cibo spirituale e di indicargli il cammino, alla luce della Parola di Dio e dell’insegnamento dei Santi Padri [lo starets è un monaco anziano o un anacoreta dedito all’orazione e alla vita ascetica, che viene scelto come padre spirituale di un monastero]. 

Cammin facendo, il vecchio religioso si fa lui stesso starets per il Pellegrino: chiarificando il suo desiderio di preghiera ininterrotta, gli conferma essere una chiamata di Dio questo anelito all’orazione. Soprattutto gli offre lo strumento concreto per inoltrarsi nell’avventura della preghiera incessante: la Preghiera di Gesù.

 

“Entrammo nella sua cella e lo starete prese a dirmi:

  • L’ininterrotta Preghiera di Gesù è l’invocazione continua e ininterrotta del divino Nome di Gesù Cristo con le labbra, con la mente e con il cuore, nella visione mentale della sua presenza costante e nell’invocazione della sua pietà, durante ogni occupazione, in ogni luogo, in ogni tempo, anche nel sonno. La preghiera si compone di queste parole: SIGNORE GESU’ CRISTO ABBI PIETA’ DI ME! E chi si abituerà a questa invocazione proverà una tale consolazione e un tale bisogno di pronunciare di continuo la Preghiera, che non potrà vivere senza di essa, ed essa spontaneamente fluirà dentro di lui. Ora hai capito cos’è l’orazione ininterrotta?-
  • Ho capito, padre mio! Per amor di Dio, ora insegnatemi come arrivarci!-, gridai pieno di gioia. […]
  • Lo starete aprì la Filocalia, vi cercò il trattato di san Simeone il Nuovo Teologo e cominciò: Siedi nel silenzio e nella solitudine. Inclina il capo, chiudi gli occhi; respira dolcemente, e guarda con l’immaginazione dentro il tuo cuore. Dirigi la tua mente, cioè il tuo pensiero, dalla testa verso il cuore. Scandisci respirando: ‘Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me’, a fior di labbra o anche soltanto con la mente. Sforzati di escludere ogni pensiero estraneo; abbi una serena pazienza e ripeti il più spesso possibile questo esercizio.”

Dopo di che il monaco congeda il Pellegrino, invitandolo a ripetere la preghiera prima 3000 volte al giorno, poi 6000, poi 12000…

Quale il senso di questa continua ripetizione?

Innanzitutto che il primo grado è, come per tutte le preghiere, l’abitudine a recitare la formula con la bocca, oralmente; scopo di questa prima impresa è perciò quello di acquisire una abitudine, anche se ancora puramente esterna, cioè il movimento delle labbra. Quando il Pellegrino riceve l’ordine di recitare 12mila preghiere al giorno, all’inizio sente la fatica, l’indurimento della lingua e la rigidezza delle mascelle; poi si abitua così bene che l’abitudine passa dallo stato di veglia al sonno. Questo è un secondo passo molto importante, ma altri ce ne sono ancora! Quello successivo è infatti passare dal movimento delle labbra a quello della lingua, cioè un po’ più all’interno, anche se ancora nella bocca. La Filocalia insiste però molto sul fatto di introdurre la preghiera dalla bocca alla mente e al cuore, ma di questo ne parleremo più in là, nel quarto racconto.

 

Facciamo ora solo qualche “nota a margine”….

 

✧ La preghiera del Nome è una invocazione di pietà. Essa va a toccare esattamente il punto più profondo della condizione umana. Nell’Eden Dio Creatore aveva detto ad Adamo ed Eva di nutrirsi di ogni albero presente nel giardino, ma non di quello della conoscenza del bene e del male. La disobbedienza umana ha portato come conseguenza il peccato originale, per il quale l’uomo si trova a essere non solo creatura, ma creatura vulnerabile, capace di vedere il bene ma anche assai vulnerabile di fronte al male. Invocare la misericordia di Dio è perciò riconoscersi creature bisognose di redenzione, domandata a Colui dal quale si sa di provenire e dal quale ci si sente immensamente amati e perdonati…

La preghiera non si improvvisa: essa richiede tempi e luoghi adeguati: silenzio, solitudine… 

 

✧ Tutto dell’uomo è chiamato in causa nella preghiera: non solo l’anima, ma anche il corpo, l’intelletto, la volontà, l’immaginazione... Con tutto se stesso l’uomo prega. Da qui l’attenzione alla postura, al respiro, il chiudere gli occhi, la concentrazione progressiva…

 

✧ preghiera non è la ripetizione continua di una formula, ma l’unione con Gesù; la ripetizione di una formula può essere una modalità di allenamento per imparare ad avere sempre desta la Sua memoria. Naturalmente questo domanda non una ripetizione verbale, meccanica della formula, ma una risonanza interiore della formula stessa…

 

Ora anche noi ci fermiamo, ci sediamo… e preghiamo…

 

ti è stato concesso di capire che né la saggezza di questo mondo né un mero desiderio di conoscenza conducono alla luce celeste dell’orazione perpetua, ma che, al contrario, essa si trova nella povertà di spirito e nell’esperienza attiva di un cuore semplice. […]

Molti, a proposito dell’orazione, ragionano in maniera del tutto aberrante, pensando che i mezzi preparatori e le buone azioni generino l’orazione, mentre, al contrario, è l’orazione che genera le buone azioni e tutte le virtù”.

Dai “Racconti di un pellegrino russo”

 

 

Il primo dei racconti termina con la morte dell’anziano monaco, che lascia in eredità al suo figlio spirituale la sua Filocalia, prezioso libro in cui sono raccolti gli insegnamenti sulla preghiera incessante dei Padri. 

Certo che il suo Padre di spirito non lo abbandonerà, ma che, anzi, gli sarà ancora più vicino, il Pellegrino riprende il suo cammino...

SECONDO RACCONTO

Il secondo racconto si apre con il Pellegrino che prosegue il suo cammino, avendo per unica consolante e incoraggiante compagnia la Preghiera di Gesù. La sola ripetizione del nome però non gli è più sufficiente, egli inizia a percepire il bisogno di una maggiore formazione al riguardo. E’ molto bello quanto dice:

Alla fine cominciai a sentire la necessità di fermarmi il qualche luogo per godere di maggiore solitudine e studiare la filocalia. La leggevo sì durante le soste notturne o il riposo pomeridiano, ma avevo un desiderio grandissimo di approfondirne la lettura per attingervi, mediante la fede e l’orazione del cuore, il vero insegnamento sulla salvezza della mia anima”.

Se è indubbio che “è lo Spirito Santo che prega in noi con gemiti inesprimibili”, come dice l’apostolo Paolo, è pur vero che è necessario il nostro avere tempi dedicati esclusivamente a essa, come anche non camminare da soli ma accompagnati da qualcuno che già prima di noi ha percorso il sentiero dell’orazione (lo staretz), ma è indispensabile anche aprirsi a ricevere una formazione teologico-spirituale, perché lo spontaneismo ci fa fare poca strada…

Il Pellegrino decide di dirigersi verso le solitudini della Siberia; meta del viaggio è la tomba di S. Innocenzo d’Irkusk.

Durante il percorso, la Preghiera fa un importantissimo salto di qualità:

Dopo un certo tempo sentii, non so come, che la Preghiera passava da sola dalle labbra al cuore: il cuore, cioè, con il suo battito regolare, si metteva in un certo qual modo a scandire da se stesso le parole della Preghiera […]. Smisi allora di dire la Preghiera con le labbra e cominciai ad ascoltare con attenzione ciò che diceva il mio cuore”.

E’ la persona tutta intera che entra nell’esperienza della preghiera; anche il Pellegrino ne fa esperienza, sia a livello fisico sia a livello psicologico. E’ importante però la sua reazione:

Tutto questo mi spinse a leggere con più attenzione la Filocalia per verificare le mie sensazioni e studiare così il processo dell’orazione del cuore; temevo infatti che senza questa verifica sarei caduto nell’illusione di scambiare le azioni della natura per quelle della grazia e di inorgoglirmi per il mio rapido apprendimento della Preghiera, come mi aveva avvertito il mio defunto staretz”.

Se è vero infatti che si entra nella preghiera con tutto se stessi, le sensazioni fisiche o le percezioni psicologiche non sono la preghiera, che è invece una esperienza spirituale, che certamente non esclude corporeità e psichicità, ma che si pone a un livello superiore, trascinando con sé, se glielo permettiamo, anche le altre due dimensioni dell’essere.

Per poter operare un corretto discernimento, ancora una volta ci viene detto che non ci si può affidare a se stessi, ma è necessaria la presenza di uno staretz e una formazione, nonché tempo e umiltà: si impara lentamente e si progredisce passo dopo passo, gustando la pienezza che è già presente in ogni singolo momento, senza avere la fretta di raggoingere la meta: Dio infatti c’è sempre tutto intero, anche nel frammento…

Il percorso non procede mai di luce in luce; al contrario, ci sono eventi preziosissimi che fanno crescere e fortificano la persona, se vissuti in maniera corretta. Sono le tentazioni.

Nel caso specifico del pellegrino sono l’incontro con due soldati che lo pestano a sangue e gli rubano la bisaccia, contenente la Bibbia e la Filocalia. Lo stato di prostrazione del Pellegrino è totale: dolente nel corpo, avvilito nella mente, desolato nello spirito.

In sogno viene consolato dallo staretz:

Ti serva di lezione per staccarti dalle cose terrene e procedere più facilmente sulla via del cielo. Questo ti è accaduto perché tu non cada nella cupidigia spirituale. Iddio vuole che il cristiano rinunci del tutto alla propria volontà, ai propri desideri, a ogni passione e attaccamento per affidarsi completamente alla sua volontà divina. Ogni avvenimento è predisposto da Lui per il bene e la salvezza dell’uomo: Egli «vuole che tutti gli uomini siano salvi» [1 Tim 2,4]. Perciò sii forte e credi che Dio «insieme con la tentazione darà anche la forza per poterla superare» [1 Cor 10,13]. Tu sarai consolato prestissimo, e la tua consolazione sarà più grande del tuo dolore”.

Naturalmente non sempre, durante la tentazione, viene data una tale chiarezza di lettura e prospettiva, ma in queste parole sono contenute delle verità universali:

* le tentazioni sono per la crescita spirituale

* non sono mai superiori alle capacità della persona, perché Dio dona sempre anche la grazia per viverle

* è necessario però un pieno atto di fiducia in Dio, il credere – alcune volte anche contro ogni apparente evidenza -, che sono un dono dell’amore di Dio

Nel caso specifico poi è molto importante l’insegnamento che lo staretz impartisce al Pellegrino: se da un lato infatti è giusto desiderare di progredire nel cammino spirituale ed è doverosa la formazione, dall’altro appunto bisogna vigilare contro l’ingordigia, che in fondo nasconde sempre una certa qual superbia spirituale. Per mettere radici profonde è necessario il tempo, i passi vanno fatti uno per volta, lasciando che lo Spirito raggiunga e guarisca, grazie anche alla nostra collaborazione, le ferite psicologiche e spirituali che ogni persona ha dentro di sé.

Consolato, il Pellegrino riprende il cammino:

Di nuovo la Preghiera cominciò ad agire nel mio cuore e per tre giorni camminai tranquillo”.

Camminare in solitudine non significa per; essere chiusi di fronte agli incontri che la Provvidenza ci prepara.

Così è per il Pellegrino, che incrocia una colonna di forzati sotto scorta: tra di loro vi sono anche i due che lo avevano malmenato. Può così recuperare la sua Bibbia e la Filocalia e soprattutto iniziare un dialogo spirituale con il Capitano; quest’ultimo gli confida il suo forte legame con il Vangelo e il Pellegrino gli parla della Pregheira di Gesù. Alla domanda del Capitano su quale dei due fosse più importante, il Pellegrino risponde:

Sono la stessa cosa; ciò che è il Vangelo è anche la Pregheira di Gesù, poiché il divino Nome di Gesù Cristoracchiude in sé tutte le verità evangeliche. I santi Padri dicono che la Preghiera di Gesù è la sintesi di tutto il Vangelo”.

Trascorrono la sera in conversazione spirituale, ma la mattina dopo il Pellegrino prende congedo da lui per proseguire, in solitudine, il suo percorso, animato sempre dal medesimo anelito:

Il mio cuore ardeva dal desiderio di unirsi a Dio per mezzo dell’orazione,che cercavo di approfondire e di verificare con la guida della Filocalia”.

Forse come conseguenza dell’incontro con il Capitano, il Pellegrino sente nascere in sé anche il desiderio di iniziare a nutrirsi delle parole della Scrittura e fa l’esperienza che esse si illuminano reciprocamente:

In quel periodo leggevo anche la Bibbia e sentivo di cominciare a comprenderla più chiaramente, mentre prima molti passi mi apparivano incomprensibili e spesso avevo delle perplessità. Dicono bene i santi Padri che la Filocalia è la chiave che apre i misteri della sacra Scrittura. Con quell’aiuto cominciai a capire in parte il significato segreto della parola di Dio”.

Più il Pellegrino matura nella relazione con Dio, più entra in sintonia con la creazione:

E quando con queste cose in mente io pregavo nel profondo del mio cuore, tutto ciò che mi stava intorno mi appariva sotto un aspetto stupendo: gli alberi, l’erba, gli uccelli, la terra, l’aria, la luce, tutto sembrava dirmi che ogni cosa esiste per l’uomo, testimonia l’amore di Dio per lui, e tutte le cose pregavano e cantavano Dio e la sua gloria”.

E’ esattamente l’esperienza dspirituale di quanto Paolo afferma nella sua lettera ai Romani, quando scrive che la creazione geme e soffre con noi le doglie del parto, perché in attesa di essere lei pure liberata dalla corruzione [cfr Rm 8,20-21].

Nel cammino in luoghi solitari, il Pellegrino incontra un guardiaboschi, che lo invita a restare, per l’intera estate, in una vecchia capanna poco distante da lui: avrebbero condiviso il pane e, insieme, si sarebbero abbeverati dell’acqua del vicino ruscello. Questa offerta è per il Pellegrino motivo di grande gioia, perché può dedicarsi per quattro mesi, nel silenzio e nella pace, all’orazione ininterrotta del cuore. Naturalmente tra i due non mancano i dialoghi spirituali; è il guardiaboschi ad aprirsi per primo, raccontando della sua vita passata, della sua scelta di essere guardiaboschi a seguito della conversione dei costumi, ma anche dei suoi dubbi spirituali. Per il Pellegrino è occasione di condividere la sua formazione spirituale: gli legge e gli spiega alcuni passi della Filocalia, soprattutto circa la custodia della mente e la purezza del cuore, frutto dell’orazione interiore.

Il guardiaboschi è inoltre tormentato dal pensiero dell’inferno: il rischio è perciò quello che viva una vita di penitenza per timore della dannazione eterna. Anche circa questo il Pellegrino lo illumina, dicendogli che vivere in penitenza per paura è da mercenari: a muoverci deve essere soltanto e semplicemente la pietà filiale, cioè l’amore gratuito per Dio che ci fa anelare con tutte le forze a essere a Lui uniti con la mente e con il cuore. Le penitenze, anche quelle corporali, sono dei semplici strumenti che sono utili se conducono a questa unione amorosa; molto più proficuo è invece dedicarsi alla Preghiera di Gesù, con costanza. Così il Pellegrino introduce il guardiaboschi nella Preghiera di Gesù, spiegandogli anche il metodo: come iniziare e come proseguire in essa.

Egli intanto prosegue nella lettura della Filocalia, accompagnato dalla presenza in sogno del suo defunto staretz, perché davvero per le vie dello spirito non si cammina mai da soli, ma sempre in compagnia di qualcuno che ha percorso il sentiero prima di noi.

L’esicasmo, è stato già detto, è una via di preghiera che coinvolge la persona tutta intera, quindi anche la sua corporeità e la sua fisicità: per questo nella Filocalia sono contenuti insegnamenti dei Padri su come trovare la posizione del cuore, come imparare ad ascoltare attentamente il battito, come introdurre nel cuore la Preghiera di Gesù e farla uscire seguendo il ritmo del respiro, ecc. Naturalmente perciò si provano sensazioni fisiche e si hanno percezioni psichiche, ma è necessario vigilare, perché non vanno confuse con la preghiera, che è invece spirituale; esse possono essere una grande consolazione e come tali vanno accolte in rendimento di grazie, ma appunto con la consapevolezza che la loro presenza non significa che si è giunti a un alto livello di vita spirituale, ma semplicemente che si è in cammino con tutto se stessi e che Dio ci incontra dentro la nostra concretezza di esseri umani. Molto bene lo dice il Pellegrino:

Tanta dolcezza mi fece capire che gli effetti dell’orazione interiore si manifestano sotto tre forme: nello spirito è la soavità dell’amore di Dio, la quiete interiore, la felicità spirituale, la limpidezza dei pensieri, il dolce ricordo di Dio; nella parte sensibile il gradevole calore del cuore, la delizia di tutte le membra, il gioioso fervore del cuore, leggerezza, coraggio, vigore vitale, insensibilità alle malattie e ai dolori; nell’intelletto, la illuminazione della mente, la comprensione della sacra Scrittura, la conoscenza del linguaggio della creazione, il distacco dalle cure vane, la consapevolezza delle gioie della vita interiore e infine la certezza della vicinanza di Dio e del suo amore per noi”.

L’esercizio costante poi, col tempo, risolve sulla perpetuità della Preghiera:

Alla fine mi accorsi che essa ormai si generava ormai da sé, senza alcun intervento da parte mia, nel profondo della mia mente e del mio cuore, non solo mentre vegliavo ma anche mentre dormivo, senza interruzioni, qualsiasi cosa io facessi. La mia anima ringraziava continuamente il Signore e il mio cuore si scioglieva nella costante esultanza”.

L’estate termina e con essa la possibilità di restare nella capanna, perché parte del bosco deve essere tagliato; il Pellegrino bacia quella terra benedetta, si rimette in cammino per giungere alla sua meta, Irkutsk. Cammina al ritmo della Preghiera:

Ovunque mi trovassi, qualsiasi cosa facessi, di qualunque cosa mi occupassi, essa non mi fu mai di ostacolo e nulla la ostacolava”.

Le relazioni con gli altri non sono mai un ostacolo alla Preghiera: lo testimonia si nuovo il Pellegrino, raccontando dei suoi incontri con un vecchio maestro elementare, con un rete, con una giovane contadina, ecc: ognuna è occasione di crescita e arricchimento, per entrambi.

Anche le circostanze, quando si vive al ritmo della Preghiera di Gesù, perdono il loro contorno di piacevoli o contrarie: esse sono sempre tutte una benedizione, perché permesse da Dio, quindi foriere di una favorevole occasione di crescita spirituale.

Nella stessa Filocalia il Pellegrino trova un concetto importantissimo espresso da più Padri:

Essi [i Santi] non solo hanno passato la vita a pregare senza intermissione, ma per amore hanno rivelato e insegnato anche ad altril’orazione perpetua”.

Non basta che noi preghiamo senza intermissione secondo il comandamento di Dio, nel nome di Gesù Cristo; dobbiamo rivelare e insegnare ciò anche agli altri, a tutti: monaci, laici, gente istruita o gente semplice, uomini, donne e bambini, e risvegliare in tutti lo zelo per l’orazione incessante”.

I pensieri che si riferiscono al Signore [cioè l’orazione interiore], ciò che si impara attraverso la contemplazione e i metodi per l’elevazione dell’anima non devono essere conservati nel proprio spirito; è bene diffonderli con le parole o con gli scritti per il vantaggio e l’anore di tutti”.

Il racconto termina poi con il Pelelgrino che raggiunge Irkutsk, venera le reliquie di S. Innocenzo… e incontra un ricco mercante, che non solo gli propone di recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme, ma gli indica come poterlo fare, essendo il viaggio piuttosto costoso.

 

TERZO RACCONTO

Il terzo racconto del pellegrino russo è assai breve.

Mentre egli è a Irkutsk, trova un padre spirituale con il quale ha molteplici colloqui formativi e di discernimento. Durante l’ultimo di essi, ringraziandolo per la carità usatagli, gli racconta l’origine della sua vocazione di pellegrino.

Nato in un villaggio della provincia di Orel, all’età di tre anni resta orfano di entrambi I genitori. Insieme al fratello, maggiore di lui, viene perciò accolto dai nonni. Il fratello ha un carattere assai turbolento, al punto che, all’età di sette anni, viene da questi gettato nella stufa dell’acqua bollente. Si salva, ma perde l’uso del braccio sinistro; non potendo perciò più essere idoneo al lavoro nei campi, il nonno gli insegna a leggere; il testo di lettura è la Bibbia. Dallo scrivano del villaggio impara poi anche a scrivere.

Alla morte della nonna, il nonno sceglie per lui, come moglie, una giovane del villaggio.

Dopo poco anche il nonno si ammala; sentendo avvicinarsi la morte, gli affida la casa e i mille rubli che possiede. Le sue ultime raccomandazioni sono molto belle:

Vivi secondo coscienza, non ingannare nessuno e soprattutto prega Dio: da lui viene ogni cosa. Non riporre la tua speranza se non in Dio. Va’ in chiesa, leggi la Bibbia e ricordati di me e di tua nonna nelle tue preghiere”.

Il fratello, invidioso e sempre più fannullone, arriva a un gesto inconsulto. Una notte, ruba i soldi e appicca fuoco alla casa. Il futuro pellegrino e la moglie si salvano in extremis, riuscendo a portare con sé solo la Bibbia.

Aiutati dalla solidarietà dei compaesani, riescono a prendere una piccola capanna ove poter vivere in dignitosa povertà, grazie al lavoro di lei. Dopo due anni però la moglie si ammala e muore. Questo lo getta in uno stato di grande prostrazione, al punto da non riuscire più nemmeno a restare nella loro casa. Da qui la decisione di venderla e la decisione di iniziare a vivere da Pellegrino, supplicando I Santi di soccorrerlo nella sua sventura.

Ora il Pellegrino ha 33 anni ed è pronto a dirigersi verso Gerusalemme.

Cosa ricavare da questo brevissimo racconto di vita?

Un insegnamento molto semplice, anche se difficilissimo in realtà da vivere: la nostra esistenza è veramente nelle mani di Dio e i capelli del nostro capo sono da Lui contati…

La vita non risparmia prove, dolori, difficoltà; il cammino è però quello di fare diventare ognuna di esse una occasione per una consegna sempre più vera, profonda e piena di fiducia di sé e della propria vita nelle mani di Dio. Il Pellegrino ci mostra come vivere la sofferenza: dentro la relazione con Dio, cercato e trovato nella Parola e nella Preghiera del Cuore.

QUARTO RACCONTO