Se “Nostra aetate” è il documento conciliare esplicitamente dedicato al dialogo interreligioso, il paragrafo 16 della “Lumen gentium”, intitolato “I non cristiani e la Chiesa”, non può certamente non essere preso in considerazione.

 

Esso così recita:

 

Infine, quanto a quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, anch'essi in vari modi sono ordinati al popolo di Dio [. In primo luogo quel popolo al quale furono-dati i testamenti e le promesse e dal quale Cristo è nato secondo la carne (cfr. Rm 9,4-5), popolo molto amato in ragione della elezione, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (cfr. Rm 11,28-29). Ma il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale. Dio non e neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle ombre e sotto le immagini, poiché egli dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa (cfr At 1,7,25-26), e come Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino (cfr. 1 Tm 2,4). Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll'aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna [. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita. Ma molto spesso gli uomini, ingannati dal maligno, hanno errato nei loro ragionamenti e hanno scambiato la verità divina con la menzogna, servendo la creatura piuttosto che il Creatore (cfr. Rm 1,21 e 25), oppure, vivendo e morendo senza Dio in questo mondo, sono esposti alla disperazione finale. Perciò la Chiesa per promuovere la gloria di Dio e la salute di tutti costoro, memore del comando del Signore che dice: « Predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15), mette ogni cura nell'incoraggiare e sostenere le missioni.

 

Come abbiamo avuto modo anche altrove di dire, la Chiesa ha compiuto un positivo cammino circa il modo di esprimersi riguardo alle religioni non cristiane.

Anteriormente il Vaticano II , il tono era per lo più negativo. Questo ha portato alcuni ad assumere atteggiamenti difensivi tipici di quando ci si trova di fronte a un “diverso” che temiamo e da cui ci sentiamo minacciati: l’attacco ad oltranza come il “bigottismo” sono comportamenti che hanno in comune proprio la medesima radice motivazionale.

Dopo il Vaticano II invece i toni si sono fatti molto più sereni e positivi. Anche qui però una inadeguata comprensione sia del Concilio sia della delicatezza della questione -il contatto tra cristiani e credenti di altre religioni-, nonché una insufficiente preparazione intellettuale, rischia di far cadere nell’errore opposto, cioè nel sincretismo, inteso come una sorta di ricerca del “minimo comune denominatore” delle varie religioni. 

I due errori snaturano in egual modo un dialogo che risulta invece essere di inestimabile valore, se portato avanti con saggezza ed equilibrio, nonché con competenza.

Padre Charles Angell, dei Frati Francescani dell’Atonement, per anni direttore del Centro Pro Unione (quello che si occupa, tra le altre cose, della organizzazione dell’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani dal 18 al 25 gennaio), nonché docente di teologia ecumenica alla Pontificia Università di S. Tommaso d’Aquino, ha proposto sei punti di riflessione per noi cristiani che desideriamo conoscere con rispetto la realtà di quella maggioranza di umanità che si rivolge a Dio attraverso la spiritualità di altre religioni.

 

Eccoli:

  1. Dio è uno solo, anche se ci rivolgiamo a Lui in modi diversi
  2. Quando cerchiamo Dio, seppur nella nostra diversità, un responso ci viene dato
  3. Noi cerchiamo Dio non solo come singoli individui, ma anche come comunità di popoli inseriti in culture diverse. Nella misura in cui ci aiutano a conoscere l’unico Dio, queste comunità e culture sono “autentiche”, e sono degli strumenti di salvezza
  4. La grazia di Dio è operante ovunque; tuttavia, come cristiani, noi sappiamo che Dio ha fondato la sua Chiesa visibile, la quale predica la sua Parola e amministra i segni sacramentali della grazia che egli stesso ha istituiti. Però, la fede in questa visibile realtà ecclesiale-sacramentale non deve indurci, noi cattolici, a pensare che Dio non possa o non voglia conferire la sua grazia a chi è fuori dai confini visibili della Chiesa
  5. D’altra parte, se dovessimo asserire che i credenti in buona fede, esteriormente diversi da noi in qualche maniera visibile, sono esenti dalla necessità della salvezza in Cristo, sarebbe negare la verità che Cristo è l’unico Salvatore. Tutti coloro che sono salvati, “la cui fede è conosciuta solo da Dio”, sono quindi salvati in Cristo
  6. pertanto, come cristiani, noi dobbiamo predicare il vangelo, ma non semplicemente a parole, bensì nella vita, con la testimonianza e mettendoci al servizio di tutti, nel rispetto costante della libertà di coscienza di ognuno e della verità insita in ogni cultura.

 

Il dialogo interreligioso viene preparato nel lungo silenzio della mente, del cuore e dell’anima, nel progressivo abbandono di schemi difensivi che mascherano la nostra fragilità, nella autentica formazione intellettuale-esperienziale all’interno della nostra tradizione religiosa, nella esposizione nuda alla presenza di quel Dio che abita il centro di ogni uomo, a qualunque cultura e tradizione religiosa appartenga.

Padre nostro...