BREVI CENNI STORICI sull'origine della devozione all'Addolorata
Il servo di Maria, di venerata memoria, padre Giuseppe Maria Besutti, curatore della Bibliografia mariana, rilevava: «La storia della pietà cristiana verso la Vergine Maria, che ai piedi della croce del Figlio patisce con Lui, non è stata ancora redatta in maniera completa in modo da comprendervi non solo l'Oriente, ma tutte le regioni dell’Occidente».
La nascita di quella corrente di pietà ispirata alla meditazione-compassione di Maria ai piedi della croce nasce già prima del XlI secolo. Nello svolgersi del XlII secolo si elabora la devozione all'Addolorata e si preciserà agli inizi del sec. XIV come devozione ai sette dolori.
Il primo documento certo lo si incontra in Germania dove il 22 aprile 1423 nel sinodo provinciale di Colonia un decreto fissa la festa dell'Addolorata al venerdì della terza settimana dopo Pasqua. La Festa aveva per titolo la «commemorazione delle angustie e dei dolori della Beata Vergine Maria» e aveva come scopo fondamentale la riparazione dei sacrileghi oltraggi fatti dagli ussiti alle immagini del Crocifisso e della Vergine. Nel decreto si faceva implicito riferimento a testi liturgici precedenti, risalenti forse al messale dei Servi di Maria, stabilitisi a Colonia nel XlII secolo. L'Ordine dei Servi di Maria, infatti, fondato a Firenze nel 1240, diffuse assai il culto dell'Addolorata e ottenne da Innocenzo Xl (1676-1689) una propria festa nella terza domenica di settembre. Benedetto XlII, nel 1721, l'estese a tutta la Chiesa col titolo: «Festa dei sette dolori della B. V Maria» ponendola al venerdì dopo la domenica di Passione. In seguito Pio VII rese generale il culto all'Addolorata fissandone definitivamente la solennità per tutta la Chiesa, la terza domenica di settembre. Fu comunque nel XVII secolo che, ispirandosi all'uso della recita del Rosario, si diffuse il pio esercizio della «Corona dell'Addolorata», che ripercorre con pietosa memoria tutti i dolori della Vergine sofferti alla sequela del Figlio. Se ne fissano tradizionalmente sette dando così origine alla rappresentazione, nell'iconografia sacra popolare, di Maria SS. trafitta nel cuore da sette spade. Il mistero della partecipazione della Vergine madre addolorata, alla passione del Figlio è probabilmente l'evento evangelico che ha trovato più intensa e vasta risonanza nella religiosità popolare, soprattutto in determinati esercizi di pietà (via Crucis, via Matris, ecc:). Testimone di tale religiosità è la celebre sequenza medioevale dello Stabat Mater dolorosa, attribuita a Jacopone da Todi, entrata eccezionalmente a far parte del formulario della Messa. Lo Stabat pur cantando con ingenuo sentimento di pietà i dolori sofferti dalla Vergine nella Passione e Morte di Gesù riflette comunque l'essenziale del mistero evangelico e cioè che: «il centro della cristiana religione non è nel cordoglio di Maria come tale, ma in quel "portare Christi mortem" che la ''mater dolorosa" aiuta a vivere come esperienza (fac ut portem Christi mortem)»,[E. De Martino] La sequenza si incontra nei Messali francescani già nella prima metà del sec. XIV. Pio X assegnò stabilmente la festa al 15 settembre. Nell'esortazione apostolica Marialis cultus, Paolo VI così presenta la memoria del 15 settembre: «la memoria della Vergine Addolorata è occasione propizia per rivivere un momento decisivo della storia della salvezza e per venerare la Madre associata alla Passione del Figlio e vicina a Lui innalzato sulla Croce» (n 7). Contemplando Maria associata alla Passione del Figlio la Chiesa medita sul suo stesso mistero e sulla sua stessa partecipazione mistica ai dolori del Redentore per giungere feconda di figli alla gloria finale: «Fa' che la tua Santa Chiesa, associata alla Passione del Cristo, partecipi alla gloria della Risurrezione». Questa partecipazione alla Passione ha due prospettive: personale e comunitaria. È ansia per la continua liberazione da ogni forma di peccato, di male, individuale e sociale. È il riprendere ogni giorno la propria croce- (Lc 9, 39) e, compassionevolmente, alleviare la croce di ogni altro uomo che sia sulla nostra strada e quella dell'umanità di cui facciamo parte (Lc 10, 25-37; Gv 13, 34).
L'enciclica Redemptoris Mater di Giovanni Paolo Il concorre magistralmente a mettere a fuoco la profonda relazione tra la peregrinatio fidei di Maria e quella della Chiesa soprattutto ai nn° 23 e 24: Si può dire che, se già In precedenza la maternità di Maria nel riguardi degli uomini era stata delineata, ora (sotto la Croce) viene chiaramente precisata e stabilita: essa emerge dalla definitiva maturazione del mistero pasquale del Redentore. La Madre di Cristo, trovandosi nel raggio diretto di questo mistero che comprende l'uomo - ciascuno e tutti -, viene data all'uomo - a ciascuno e a tutti - come madre. Quest'uomo ai piedi della Croce è Giovanni, «Il discepolo che egli amava». Tuttavia, non è lui solo. Seguendo la Tradizione, il Concilio non esita a chiamare Maria «Madre di Cristo e madre degli uomini»: infatti, Ella è «congiunta nella stirpe di Adamo con tutti gli uomini ... , anzi è veramente madre delle membra (di Cristo) ... , perché cooperò con la carità alla nascita del fedeli nella Chiesa». Dunque, questa «nuova maternità di Maria», generata dalla fede, è frutto del «nuovo» amore, che maturò In lei definitivamente al piedi della Croce, mediante la sua partecipazione all'amore redentivo del Figlio. (n° 23)
Le parole che Gesù pronuncia dall'alto della Croce significano che la maternità della sua genitrice trova una «nuova» continuazione nella Chiesa e mediante la Chiesa, simboleggiata e rappresentata da Giovanni. In questo modo, colei che, come «la piena di grazia», è stata introdotta nel mistero di Cristo per essere sua madre, cioè la Santa Genitrice di Dio, per Il tramite della Chiesa permane in quel mistero come la «donna» indicata dal libro della Genesi (Gn 3, 15) all'inizio e dall'Apocalisse (Ap 12, 1) al termine della storia della salvezza. Secondo l'eterno disegno della Provvidenza la maternità divina di Maria deve effondersi sulla Chiesa, come indicano affermazioni della Tradizione, per le quali la maternità di Maria verso la Chiesa è il riflesso e Il prolungamento della sua maternità verso il Figlio di Dio. (n° 24)
Uno sguardo penetrante sulla Vergine, quale modello di contemplazione, Giovanni Paolo Il ce lo offre nella sua Rosarium Virginis Mariae e, laddove appunto, richiamando le tappe fondamentali della Madre di Cristo, evidenzia lo sguardo che Ella seppe rivolgere al Mistero del Figlio diventando perciò stesso modello alla contemplazione adorante del credente:
«La contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello insuperabile. Il volto del Figlio le appartiene a titolo speciale. È nel suo grembo che si è plasmato, prendendo da Lei anche un 'umana somiglianza che evoca un'intimità spirituale certo ancora più grande. Alla contemplazione del volto di Cristo nessuno si è dedicato con altrettanta assiduità di Maria. Gli occhi del suo cuore si concentrano in qualche modo su di Lui già nell'Annunciazione, quando Lo concepisce per opera dello Spirito Santo; nei mesi successivi comincia a sentirne la presenza e a presagirne i lineamenti. Quando finalmente Lo dà alla luce a Betlemme, anche i suoi occhi di carne si portano teneramente sul volto del Figlio, mentre Lo avvolge in fasce e Lo depone nella mangiatoia (ctr Lc 2, 7).
«Da allora il suo sguardo, sempre ricco di adorante stupore, non si staccherà più da Lui. Sarà talora uno sguardo interrogativo, come nell'episodio dello smarrimento nel tempio: "Figlio, perché ci hai fatto così?" (Lc 2, 48); sarà in ogni caso uno sguardo penetrante, capace di leggere nell'intimo di Gesù, fino a percepirne i sentimenti nascosti e a indovinarne le scelte, come a Cana (ctr Gv 2,5); altre volte sarà uno sguardo addolorato, soprattutto sotto la Croce, dove sarà ancora, in certo senso, lo sguardo della "partoriente", giacché Maria non si limiterà a condividere la Passione e la Morte dell'Unigenito, ma accoglierà il nuovo figlio a Lei consegnato nel discepolo prediletto (cfr Gv 19, 26-27); nel mattino di Pasqua sarà uno sguardo radioso per la gioia della Risurrezione e, infine, uno sguardo ardente per l'effusione dello Spirito nel giorno di Pentecoste (cfr At 1,14)». (RVM 10)
Al numero 22 della medesima Lettera il Santo Padre illustrando i misteri del dolore scrive:
«In questa abiezione (ndr. della morte in Croce) è rivelato non soltanto l'amore di Dio, ma il senso stesso dell'uomo. Ecce homo: chi vuol conoscere l'uomo, deve saperne riconoscere il senso, la radice e il compimento in Cristo, Dio che si abbassa per amore "fino alla morte, e alla morte di croce" (Fil 2, 8). I misteri del dolore portano il credente a rivivere la morte di Gesù ponendosi sotto la croce accanto a Maria, per penetrare con Lei nell'abisso dell'amore di Dio per l'uomo e sentirne tutta la forza rigeneratrice.
«Maria è dunque, veramente, modello di chi contemplando il mistero dell'Uomo-Dio penetra più efficacemente il mistero dell'uomo e il Mistero pasquale, radice della sua salvezza».