LETTERATURA SIRIACA PRIMITIVA

QUESTIONI LINGUISTICHE: L’ORIGINE DEL SIRIACO

 

Lingua di partenza: aramaico imperiale,  lingua utilizzata nell’Impero achemenide 

(Ciro il Grande, 550 aC; est —> valle dell’Indo, nord —> lago d’Aral-Crimea-mar Caspio, 

ovest —> Europa, sud —> Egitto). 

Dopo le conquiste di Alessandro Magno, la lingua ufficiale diventa il greco. 

L’aramaico continua a evolversi e si diversifica in molteplici dialetti. Essi sono:

    * nella Bassa Mesopotamia, il mandeo

    * a Babilonia, il giudeo-babilonese (che è la lingua del Talmud Babilonese)

    * a Edessa, il siriaco

    * nell’Arabia del Nord, il nabateo

    * in Palestina, l’aramaico biblico e quello dei targums (sono i due dialetti che

      maggiormente assomigliano all’aramaico parlato da Gesù)

    * in Palestina, nelle comunità cristiane mescite del III e IV secolo, il siro-palestinese

I primi tre sono dialetti orientali, i secondi tre occidentali.

Quando il dominio ellenistico declina, i dialetti locali iniziano a svilupparsi giungendo a essere lingua letteraria.

Grazie al cristianesimo, il siriano produce una vastissima letteratura, nei secoli compresi tra il II e il XIII; il suo momento di consolidamento ufficiale è il IV secolo, quando viene riveduta la versione siriaca dell’AT (Peshitta).

Sebbene nel V secolo, a motivo delle controversie cristologiche, la Chiesa sira si scinde in orientale e occidentale, la lingua permane identica in quanto a scrittura; compare invece una diversa modalità di pronunciare le vocali.

Nel 636 il territorio viene conquistato dagli Arabi, che impongono la loro lingua. Il siriaco gradualmente scompare nel parlato e, a partire dal IX secolo, diventa lingua morta (scritta e parlata solo negli ambienti colti).

 

Sebbene il siriano diviene una lingua letteraria grazie al cristianesimo, esistono 4 scritti pre-cristiani che val la pena ricordare:

  1. Ahiquar: questa opera si ispira al libro dei Proverbi e viene utilizzata dal Siracide e dal redattore della versione greca del libro di Tobia. E’ inoltre ricco di riferimenti storici, geografici e filologici che si riscontrano anche nei racconti dei martiri e delle fondazioni cristiane.
  2. Lettera di Mara Bar Serapione, che contiene un esplicito riferimento a Cristo, definito “saggio re, che aveva istituito nuove leggi”, e che i giudei avevano condannato a morte.
  3. Baba di Harran, testo artificiale, rimaneggiato per fini apologetici contro il paganesimo.
  4. Cronaca di Edessa, che tratta dell’inondazione del 201 dC che ha devastato la città. Testimonia la presenza di una comunità cristiana organizzata, con un suo luogo di culto, sebbene ancora socialmente ai margini.

QUESTIONI GEOGRAFICHE: LA SIRIA, LA CITTA’ DI EDESSA E L’ADIABENE   

 

“Siria” è l’abbreviazione di Assiria, che da fonti greche del V sec aC delinea quell’area geografica coincidente con la massima estensione dell’Impero assiro, peraltro già tramontato. 

Da occidente a oriente si ha:

  1. la “Syria prima”, con capitale Antiochia, terza città dell’Impero, dopo Roma e Alessandria. E’ sede patriarcale.
  2. più a sud, la “Syria secunda”, detta anche “Euphratensis”. Il metropolita risiedeva ad Apamea, 160 km a nord-est di Antiochia.
  3. a oriente, l’ “Orosene”, per molto tempo stato semi-indipendente. Qui la città di Edessa.

Istituita dai Seleucidi nel 302 aC, che lasciano la Mesopotamia nel 132 aC., Edessa si afferma come centro religioso e linguistico autoctono, fino al 248 (retta da una locale dinastia araba). Di cultura greca, vivono al suo interno tradizioni politeiste semite. Forte la comunità ebraica.

Il cristianesimo vi trova terreno favorevole anche perché la lingua siriano è più adatta a esprimere i simboli e la sinteticità dell’AT e del NT rispetto alla speculazione analitica greca.

Emessa è poi crocevia  commerciale, quindi luogo facile a raggiungersi da parte degli evangelizzatori.

 

Origini leggendarie della Chiesa di Edessa:

  1. Eusebio di Cesarea traduce in greco un documento che dice di aver trovato a Edessa in cui  sono presenti la lettera del re Agar V a Gesù e la risposta di Gesù (Gesù non va dal re, ma promette di mandarci un apostolo; di fatto, dopo l’ascensione, Tommaso vi manda Taddeo, uno dei 70 discepoli)
  2. “Dottrina di Addai”:

                   * l’evangelizzatore non è Taddeo, ma Addai

                   * Gesù non risponde al re per iscritto, ma oralmente inviando Hanan, che porta

                     al re il ritratto di Gesù da lui stesso dipinto 

                   * Addai narra del ritrovamento della croce a Gerusalemme

  

In realtà dalle fonti storiche si sa che la nascita del cristianesimo non è a Edessa, ma nella provincia di Adiabene (a est), ove erano presenti molte comunità giudaiche di lingua sira: lì avvengono i primi passaggi al cristianesimo. Evidente è l’influenza di questi giudei nella prima letteratura sira. Le fonti storiche testimoniano che le comunità cristiane sono molto organizzate e capaci di incisiva testimonianza di vita (soprattutto circa la superiorità morale). Raffrontando la maturità della fede e la datazione delle fonti storiche, si può far risalire l’evangelizzazione alla fine del I-inizio del II secolo.

La “Cronaca di Edessa” poi narra che nell’anno 201 viene distrutta la Chiesa locale. Nel 312 viene edificata la cattedrale.

Nota caratteristica di questa Chiesa è l’accoglienza dall’esterno di elementi legati alla dottrina e alla prassi, con i pro e i contro che questo naturalmente reca con sé.

 

Un secondo centro di propagazione del cristianesimo è l’Adiabene, posta al confine con l’Osroene, stato vassallo, ma legato all’Impero partico. La dinastia regnante nel I sec si era convertita al giudaismo, che lì vantava consistenti comunità. Città di riferimento è Nisibe, che darà i natali a Efrem. La città ospita già da prima del 70 dC una scuola ebraica, che per nel II secolo si trasferirà in Palestina. Lascia però la sua impronta, perché anche la letteratura cristiana presenta forti legami esegetici con la Torah orale rabbinica. 

Nell’Adiabene infine si sviluppano comunità ecclesiali con forti tratti ascetici, la cui spiritualità è particolarmente legata al battesimo: anche in questo si nota il retroterra ebraico, con la sua riflessione sul patto e sull’alleanza. 

La presenza di comunità ebraiche che avevano stretti rapporti con la Palestina e con tutte le correnti di pensiero che caratterizzavano Israele emerge con evidenza anche nel lavoro di traduzione della Scrittura.

I PRIMI TESTI DELLA LETTERATURA SIRIACA

 

1) Peshitta dell’AT: nata nell’ambiente giudaico o giudaico-cristiano di Adiabene, ove le comunità giudaiche mantenevano strette relazioni con la Palestina. Realizzata a tappe, è opera di più traduttori. Questione fondamentale: su quale testo si basa? 

            * indubbiamente c’è una forte influenza della LXX

            * secondo altri autori è una sorta di Targum, cioè una traduzione parafrasata che

              contiene elementi dell’haggadà (testi omiletici rabbinici)

           * secondo altri autori alla base c’è il testo masoretico o comunque un testo a esso

              molto  vicino

 

2) Diatessaron: opera di Taziano, è un “Vangelo armonizzato”, cioè la fusione dei 4 vangeli in un unico testo. Usato per quasi tre secoli. Andato perduto; si hanno solo quelle parti che Efrem commenta, peraltro nella versione armena dell’opera. Padroneggiando bene, Taziano, il greco, non si sa se sia stato scritto in greco o in siriano: si opta per il siriaco. Sono presenti influenze dell’encratismo (dottrina morale di matrice gnostico-cristiana —> peccaminosi molti aspetti della vita quali il matrimonio, il vino, il mangiare carne, le ricchezze, ecc). In effetti il cristianesimo siriano primitivo ha carattere fortemente ascetico, quindi terreno fertile per questo tipo di eresia.

 

3) Vetus Syra: Vangeli separati, posteriori al Diatessaron (IV secolo?). Comprendeva anche At e S. Paolo, ma non ci sono pervenuti. Mai usata all’interno del culto.

 

4) Peshitta del NT: revisione della Vetus Syra, per renderla più aderente al testo greco. Testo base di tutta la Chiesa sira. E’ incompleta: mancano infatti 2 e 3 Gv, 2 Pt, Giuda e l’Apocalisse, tradotti nel VI secolo. Mancano anche versetti isolati o intere pericopi (Gv 7,53-8,11; Lc 22, 17-18; At 8,27;15;34 e At 28,29)

 

5) Odi di Salomone: 42 inni, cantano la gioia del poeta di essere battezzato e la sua unione mistica con Cristo. C’è dello gnosticismo, ma ortodosso. Temi presenti: discesa del Figlio, tenuta nascosta agli angeli; concezione e maternità verginali di Maria; discesa di Cristo agli inferi; ritorno al Paradiso grazie al battesimo. Opera del III secolo proveniente dall’ambiente edesseno.

 

6) Gli Atti di Tommaso: apocrifo di inizio III secolo, racconta in 13 episodi le aziono e la fine di Tommaso, mandato da Cristo stesso a evangelizzare l’India. L’encratismo è assai presente; simbolismo esoterico e gnostico

 

 L’IMPERO PERSIANO

 

Fuori di Edessa, , nel II secolo, le comunità cristiane erano presenti nell’Impero partico (247 aC - 224 dC, una delle maggiori potenze politiche e culturali iraniche nella antica Persia) e in Persia (attuale Iran).

L’Impero partico viene soppiantato dalla dominazione sasanide; i sovrani deportano, dalle regioni conquistate, molte popolazioni e tra di essi vi sono non solo dei cristiani, ma anche dei vescovi. Questo crea non poche tensioni all’interno delle comunità cristiane autoctone: rivalità nazionali, conflitti giurisdizionali tra vescovi, competizione per la supremazia su tutte le Chiese, ecc. 

Il clero mazdeo assume posizioni intransigenti soprattutto nei confronti di Mani: giungono a ucciderlo e a perseguitare la sua chiesa, che esercitava una forte influenza a corte. Di riflesso si ha un giro di vite anche nei confronti dei cristiani, la cui crescita numerica preoccupa la casta sacerdotale dei magi; l’editto di Costantino del 313 fa esplodere la questione, perché fa sì che i cristiani vengano percepiti come una minaccia interna all’impero (perché protetti dal rivale Impero romano). Nel 340 inizia una sanguinosa persecuzione che dura 40 anni e che si somma a un altro pericolo insidioso, quello delle eresie (Marcione, manicheismo, giudaismo, Valentino, ecc).

 

La Chiesa di Siria, pur dentro circostanze storiche sostanzialmente avverse, cresce e si articola in maniera decisa, presentando situazioni diversificate.

  1. Antiochia è molto legata al dibattito ecclesiale e teologico greco
  2. la regione di Osroene si aggancia in maniera netta al patriarcato di Antiochia
  3. Chiesa di Persia, impegnata in lotte interne per la sede di Seleucia-Ctesifonte

Le crisi dottrinali e politiche testimoniano però quanto in realtà la Chiesa sira sia organizzata e salda.

In questo contesto vivono e lottano i primi scrittori siriani dell’Impero persiano, quali Afraate ed Efrem. 

All’inizio del V secolo la Chiesa si presenta solidamente organizzata, dopo aver superato le incertezze dogmatiche delle origini, la crisi ariana  e dopo essersi allineata con Nicea e la Chiesa d’Occidente. Ma proprio durante questo secolo si trova a dover affrontare al suo interno una lacerazione profonda circa la prospettiva monofisita (la natura umana di Cristo è completamente assorbita da quella divina, quindi alla fine vi è una sola persona e una sola natura —> Eutiche) o difisita (in Cristo vi sono due nature e due persone: eresia condannata dal Concilio di Calcedonia del 451 —> Nestorio) di intendere il mistero di Cristo. Tutte le forze ecclesiali scendono in campo: vescovi, dottori e monaci delle varie comunità, in un oscillare di posizioni (dall’esattezza di proclamazione del dogma + zelo per l’ortodossia alla condiscendenza pur mi mantenere la comunione, nella certezza che la Verità alla fine si impone da sé, a tempo debito).

Alla fine, nel 484 prima e nel Sinodo del 486 dopo, il monofisismo viene rigettato, ma non senza fatica (resistenza soprattutto negli ambienti monastici), tant’è che nel 520 trova di nuovo piena accoglienza tutte quelle zone che, per obbligo, erano state costrette ad accettare la cristologia antiochena.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

 

AFRAATE

 

Nasce tra il 260 e il 275 e muore poco dopo il 345. Si vota al celibato né come eremita né come monaco, ma restando nel mondo (“Figli/e del Patto”).

Riveste una carica elevata all’interno della sua comunità, forse giunge a essere pure vescovo (col nome di Giacomo).

Scrive 23 “Dimostrazioni”, titolo per nulla coerente con il contenuto del testo (la parola siriana contiene la voce verbale “mostrare”). Difficile definire il genere letterario, precisi invece i temi trattati.

  1. 1-10: temi dogmatici e ascetici, scritti nel 337, rivolti ai Figli/e del Patto
  2. 11-22: temi polemici riguardanti le pratiche giudaiche (convertiti provenienti dall’ebraismo le avevano abbandonate, ma vivevano una interiore inquietudine), scritti nel 344; la 14° è una sorta di lettera sinodale di condanna degli abusi commessi dai pastori indigeni, indirizzata ai vescovi della Chiesa di Seleucia-Ctesifonte
  3. 23: scritta all’inizio della persecuzione messa in atto da Sapore II, nel 345.

 

La Comunità dei “Figli/e del Patto” è, se non di origine, almeno di tradizione giudaica; tutti i membri conoscono a fondo sia l’Antico Testamento sia i commentari rabbinici. Coerentemente, gli scritti di Afraarte, sono lontanissimi dalle argomentazioni filosofiche del neo-platonismo e/o dell’aristotelismo; essi piuttosto analizzano i testi della Sacra Scrittura utilizzando i criteri ermeneutici della hadggada della Torah orale (si trovano infatti molti temi di origine talmudica e midrashica). Non vi è alcun riferimento ai concetti di natura e di persona, completamente ignorati dall’autore. Si è dunque lontanissimi dall’impianto filosofico/teologico che ha sostenuto la cristologia nicena, perché la struttura del pensiero e dell’argomentare è tipicamente semitica.

A motivo dello scoppio della persecuzione, questo testo letterario rimane opera isolata.

 

EFREM DI NISIBI

 

Molte le biografie leggendarie.

 

Questi i dati certi:

 

Nasce verso il 306 a Nisibi, luogo ove l’Impero romano e quello persiano si sfiorano, quindi un luogo assi conteso. 

 

Qui trascorre i primi 57 anni della sua vita. 

 

Viene battezzato da giovane. 

 

Vive a stretto contatto con i vescovi della sua città, che lo formano alla vita ascetica. 

 

Fa parte, come Afraate, dei “Figli del Patto”.

 

Insegna, cioè commenta la Sacra Scrittura. 

 

Abbandona la sua città quando l’imperatore Gioviano, nel 363, la cede, in cambio della pace.

 

Si stabilisce a Edessa e qui, per la prima volta, viene a contatto con le molteplici correnti eretiche (ariani, marcioniti, manichei, ecc).

 

Prosegue la sua attività di insegnamento.

 

In qualità di diacono, introduce nella liturgia i suoi inni anti-eretici e li fa eseguire - cosa straordinaria all’epoca - da delle donne, le “Figlie del Patto”.

 

Nel 373 si diffonde una forte carestia: Efrem si distingue nella carità; questo stesso anno muore.

 

 

Opera rimasta inedita fino al XVIII secolo per 3 motivi:

  1. prevalenza della teologia greca, analitica e speculativa
  2. anche a Edessa iniziano a essere tradotte le opere dei Padri greci
  3. all’inizio del VII secolo si ha la conquista islamica, che impone la lingua e la cultura araba, sicché la lingua e la cultura siriana in breve sparisce
  4. Tra il 1955 e il 1979 si ha la pubblicazione critica in 38 volumi delle sue opere,                                          comprese quelle dubbie e quelle apocrife.

 

1) Opere in prosa

    a) opere polemiche (Mani, Marcione, Bardesane)

    b) commenti biblici (Genesi, Esodo, Diatessaron)

2) Omelie metriche

    a) sulla fede

    b) sulla città di Nicomedia, in occasione del terremoto del 358

3) Inni (Natività, Digiuno, Nisibi, Chiesa, Verginità, Fede, Dottrine, Paradiso, Confessori,

            Defunti, Matrimonio, ecc)

 

La sua eredità è triplice:

  1. antica cultura mesopotamica
  2. tradizione giudaica (AT, Targum e Midrâsh), conosciute tramite le scuole esegetiche che nelle comunità cristiane della Mesopotamia l’avevano ben assimilata
  3. opere greche (tradotte, perché Efram non conosce il greco) + influenza stoica

 

Originalità:

visione simbolica. Parola chiave: “raza”, che significa, segreto, mistero, simbolo, sacramento.

Obiettivo: non avvicinarsi al mistero tramite definizioni o schemi teologici, assai pericolosi perché limitanti e riduttivi. Piuttosto egli pone la realtà divina al centro del cerchio e, sulla circonferenza, una serie di opposti (presi dalla Bibbia), che si uniscono tra loro a coppia; in questo modo si giunge a una visione dinamica e ogni elemento non può essere compreso senza il suo opposto: in tal modo l’insieme dei simboli rivelano qualcosa del mistero di Cristo. Naturalmente per procedere in questo modo è indispensabile avere una pressoché perfetta conoscenza dell’AT e del NT, nonché uno sguardo illuminato dalla fede.